“Chiederemo pubblicamente scusa perché anche il nostro ateneo in passato ha seguito le leggi razziali e espulso docenti ebrei, validissimi, che non andavano mandati via”. È l’annuncio di Maria Del Zompo, scienziata e rettrice dell’Università di Cagliari ospite questa mattina dell’incontro ‘le donne protagoniste della divulgazione scientifica‘ organizzato da Gi.U.Li.A. giornaliste nell’ambito del FestivalScienza di Cagliari. La rettrice dopo il riferimento alle leggi razziali del ’38 ha poi sottolineato l’importanza della scienza al giorno d’oggi: “Della scienza si potrebbero dare diverse definizioni ma quello che la caratterizza è il metodo scientifico che porta a dimostrare intuizioni o scoperte. La ricerca si fa nelle università e nelle sedi opportune, difficile improvvisarsi da un giorno all’altro”. Parole condivise da Silvia Rosa-Brusin, giornalista scientifica del TG Leonardo in onda su Rai Tre: “In questo periodo tanto confuso le persone hanno bisogno che la scienza venga raccontata. Se un giorno saremo chiamati a decidere sull’utilizzo delle cellule staminali, la gente deve sapere in modo esatto di cosa stiamo parlando”.
Dalla scienza, rimanendo nel mondo accademico, il discorso è passato sul tema particolare della parità di genere: “Quando assegniamo premialità nei dipartimento siamo l’unico ateneo a dare punteggi per il miglioramento della parità di genere negli incarichi” ha proseguito del Zompo. Una parità che oggi in Italia non si vede. Quando si parla di esperti le donne sono considerate poco dai media. Secondo uno studio citato durante l’incontro, gli scienziati interpellati sono per l’82% uomini e per il restante 18% donne. Per Marco Cattaneo, giornalista direttore de Le Scienze, il problema è a monte: “Percentuali simili le troviamo all’Università dove sono poche rispetto agli uomini le donne professoresse ordinarie e associate. A parità di incarico guadagnano il 17% in meno e difficilmente arrivano ai vertici. Però oggi abbiamo più assegniste di ricerca rispetto ai maschi, la stessa cosa si può dire per i dottorati. Può voler dire che col tempo, da qui a venti anni, i numeri vadano in controtendenza”.
Andrea Deidda
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