Il nuovo sistema planetario visto dall’Osservatorio astronomico di Cagliari

Mercoledì 22 febbraio la Nasa alle ore 19.00 (ora italiana) ha dato un importante annuncio: è stato scoperto un sistema planetario composta da 7 pianeti che ruotano intorno ad una stella nana rossa distante “solo” 40 anni luce dalla Terra. Sei pianeti sono rocciosi e tre sono situati nella cosiddetta “zona di abitabilità”. Ossia quella regione intorno ad una stella dove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere l’acqua liquida sulla sua superficie.

Il sistema si trova nella costellazione dell’Acquario ed i pianeti non hanno ancora un nome, sono indicati con le lettere da b a h e forse sono simili alla terra. Il suo sole è una nana rossa, chiamata Trappist-1, dal nome dello strumento robotico a La Silla, in Cile, che ha contributo maggiormente alla scoperta, possiede una massa che è circa l’8 per cento del nostro Sole con una luminosità paragonabile solo allo 0,05 per cento.

Abbiamo contattato il ricercatore Giambattista Aresu dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari che lavora nel campo della modellizzazione delle atmosfere degli esopianeti. Si tratta senza dubbio di una scoperta eccezionale dal punto di vista quantitativo e qualitativo – spiega -. Ben sette pianeti in un colpo solo, tutti di dimensioni confrontabili con il nostro pianeta Terra, se non addirittura inferiori. È quindi estremamente probabile che si tratti di pianeti rocciosi”.

La scoperta del nuovo sistema solare pone in essere tutta una serie di considerazioni e studi a cui a breve la comunità scientifica dovrà confrontarsi. Il ricercatore aggiunge: “Questo è un sistema che rappresenta un vero e proprio laboratorio per testare una vasta serie di modelli che vanno dalla dinamica dei sistemi planetari alla dinamica delle atmosfere dei pianeti di tipo terrestre. Si pensa infatti che i pianeti attorno a Trappist-1, i quali orbitano la stella centrale tutti entro una distanza inferiore all’orbita di Mercurio attorno al Sole, si siano formati più lontano per poi avvicinarsi progressivamente alla stella. Inoltre è probabile che alcuni di essi presentino ad essa sempre la stessa faccia, analogamente a quanto fa la Luna nei nostri confronti”.

Abitabile però non vuol dire abitato. L’indicazione più importante e più affascinante è sicuramente quella che suggerisce la presenza della vita su di essi. Dice il ricercatore: “Ben tre di questi pianeti si trovano infatti all’interno della zona abitabile, una fascia entro la quale è possibile che sulla superficie del pianeta si possano trovare oceani d’acqua, fortissimo indicatore del fatto che la vita come la conosciamo possa essere iniziata e poi sostenuta. Un dettaglio che rende il sistema ancora più esotico è rappresentato dall’oggetto centrale: si tratta di una stella 10 volte più piccola del sole, molto più fredda (2500 gradi Kelvin contro i 5780 del nostro Sole) e quindi molto meno luminosa e più “rossa”.

Si può ancora parlare di ricerca della vita in un sistema simile al nostro? Così conclude il ricercatore: “Saranno decisive le osservazioni con i telescopi di prossima generazione per avere un’idea su come sono composte le atmosfere dei 7 “trappists”: il telescopio spaziale James Webb Space Telescope (JWST) dalla fine del 2018 punterà sicuramente verso questo sistema con l’intento di studiare più da vicino e più in dettaglio i pianeti attorno a TRAPPIST-1”. Grazie a questo strumento sarà possibile capire, si spera, se ci sono atmosfere nei pianeti e analizzarne la composizione chimica. Per avere una risposta dobbiamo ancora aspettare.

Alessandro Ligas

 

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