«Siamo sul Financial Times, pensare che avevamo esordito alla Fiera di Serri». Carlo Mancosu, tra i fondatori del circuito di credito commerciale basato sulla moneta virtuale Sardex pronuncia di fronte a me queste poche parole seduto alla scrivania del suo ufficio a Serramanna, Medio Campidano, quartier generale di questa scommessa made in Sardinia . Scorre la home page dell’edizione europea del prestigioso quotidiano economico finanziario e accenna un sorriso, con discrezione, poi si alza e va nel cortile interno a scherzare e a condividere il momento con Gabriele Littera e Giuseppe Littera, tra i compagni d’avventura sin dal principio.
Negli anni altre persone hanno arricchito l’iniziativa rendendola forte e apprezzata: nell’isola e al di fuori. «Il fattore Sardex» è il titolo – che sa di omaggio – del reportage di Edward Posnett che spiega sia il funzionamento del circuito, sia il suo valore fondativo profondamente intriso del senso di comunità. Un meccanismo sofisticato dal punto di vista tecnico, alla base del quale c’è la volontà di riconnettere un territorio, di innervare le sue relazioni – economiche e non – immettendo fiducia.
Alchimia felice che ha prodotto risultati inaspettati con uno scambio di beni e di servizi nell’isola di per diverse decine di milioni di euro. Nel pezzo si ripercorre la storia della startup, nata nel 2009, i suoi primi passi l’anno successivo, la crescita grazie anche all’investimento di 150 mila euro da parte di Dpixel di Gianluca Dettori, e il consolidamento frutto di un lavoro paziente sul territorio isolano, sempre con la volontà di mettere al centro le persone.
Giovanni Runchina