Meno rifiuti bruciati e costi alle stelle: il Tecnocasic in crisi perde 2,5 milioni

La raccolta differenziata rischia di mandare a gambe all’aria il Tecnocasic. I benefici prodotti dal ‘porta a porta’ a Cagliari, dove aumentano i rifiuti separati direttamente dai cittadini, danno una mazzata al bilancio della società che gestisce i termovalorizzatori e che guadagna dallo smaltimento del ‘secco’. Inoltre impianti vecchi, sconti sulle tariffe e costi alle stelle confermano una crisi ciclica. 

Il volto conosciuto della crisi del Tecnocasic, società in house controllata interamente dal consorzio industriale provinciale Cacip, è la cassa integrazione Covid alla quale una parte dei circa 230 lavoratori è sottoposta da fine 2020. Sono in attesa del miglioramento (in termine tecnico ‘revamping’) degli impianti. Questa decisione a metà dicembre ha fatto alzare la voce ai sindacati perché, secondo Cgil e Cisl, è stata presa “senza rispettare la legge e senza dar corso alle deliberazioni della Regione che aveva previsto l’impiego temporaneo dei lavoratori negli enti locali”. Nella stessa circostanza le due sigle hanno messo in guardia su eventuali riduzioni dell’organico. Dichiarazioni che fanno intuire come ci sia altro dietro una crisi causata dalla fermata degli impianti. E infatti a leggere i verbali dell’assemblea dei soci sul bilancio chiuso il 31 dicembre 2019, e approvato a fine luglio 2020 quando in Sardegna l’attenzione era tutta sull’epidemia Coronavirus, si scopre di più. 

Nero su bianco viene riportato il resoconto fatto dall’amministratore unico della società Sandro Anedda, commercialista proposto a settembre 2019 dal sindaco di Cagliari Paolo Truzzu e che ha preso il posto di Giuseppe Cuccu. Leggendo si apprende che la Spa, controllata dal consorzio di cui fanno parte i Comuni di Cagliari, Elmas, Assemini, Capoterra, Uta, Sestu, Sarroch e la nuova Città metropolitana, ha chiuso l’ultimo bilancio con una perdita di esercizio di 2 milioni 511 mila 359 euro e un patrimonio negativo di oltre 1,3 milioni di euro (per l’esattezza 1.377.577 euro). 

Sono diversi gli aspetti che avrebbero portato a un rosso così elevato, il primo viene addebitato all’avvio della raccolta ‘porta a porta’ a Cagliari nel 2018: la differenziata ha migliorato il ciclo dei rifiuti e generato benefici ambientali, ma allo stesso tempo ha messo in crisi la società che gestisce l’incenerimento perché meno rifiuti indifferenziati, il cosiddetto ‘secco’, arrivano a Macchiareddu meno soldi il Comune di Cagliari paga al Tecnocasic per lo smaltimento. Facendo i conti significa che il capoluogo è passato da una media di 160mila tonnellate di secco prodotte ogni anno, quando ancora c’era il sistema dei cassonetti,  a 90mila tonnellate prodotte nel 2019. Precisamente nello stesso anno la contrazione della spazzatura indifferenziata in arrivo nei termovalorizzatori del Tecnocasic, circa 30mila tonnellate, ha causato “un immediato e diretto crollo dei ricavi” che nel giro di un anno si sono ridotti di 3,5 milioni di euro. 

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Ma questo non è l’unico motivo del dissesto. Ad incidere sui ricavi sarebbe stata anche una scarsa affidabilità degli impianti che vengono definiti “ormai a fine vita”: si sono fermati il 5 per cento di volte in più rispetto al 2018, un problema che tradotto in denaro equivale a mancati ricavi per 700mila euro. E se con una mano il Tecnocasic deve affrontare il calo del fatturato prodotto dallo smaltimento della spazzatura indifferenziata, con l’altra sta portando avanti la ristrutturazione (il cosiddetto ‘revamping’) dei forni A e B che bruciano il secco. I lavori “comporteranno maggiori costi e minori ricavi – si legge nel verbale – che peseranno per circa 6 o 7 milioni di euro all’anno non valutati in fase di progettazione dell’intervento e di conseguenza privi di adeguata copertura economica”. In sostanza mancano i soldi: “Occorre che società e consorzio si attivino per individuare le risorse necessarie a garantire una possibile situazione di equilibrio che la società non sarebbe in grado di raggiungere”.

Chiuso questo capitolo si apre quello dei costi, che nel 2019 tra cause di lavoro, personale e servizi non pagati sono lievitati. In particolare i costi per i dipendenti sono aumentati di 500 mila euro: di questi 230mila riguardano contenziosi persi dalla società nei confronti dei lavoratori per il riconoscimento di indennità, altri 240mila invece li troviamo alla voce promozioni e aumenti di stipendio, 30mila euro riguardano il lavoro straordinario. Altri punti critici sarebbero gli impianti di pretrattamento, di proprietà dei Comuni e che dovrebbero essere gestiti da Abbanoa,  e il costo delle tariffe per la fornitura di servizi di depurazione adottate tra il 2010 ed il 2013, inferiori di circa il 40 per cento rispetto a quelle stabilite da Abbanoa. Rimanendo sulle tariffe, a “incidere pesantemente” sul bilancio sono quelle “scontate del 30 per cento” applicate al Comune di Capoterra mentre il carcere di Uta avrebbe ancora “ingenti somme” di debiti verso la società. C’è di più: dal documento risulta che il Tecnocasic “svolge diverse attività gratuitamente, in ragione di consuetudini consolidate negli anni, come per esempio il servizio di smaltimento a favore delle forze dell’ordine e altre amministrazioni pubbliche”. 

Secondo Anedda a intervenire per risolvere tutte queste situazioni che “incidono pesantemente” sul bilancio dovrà essere il Cacip. Che però, durante la stessa assemblea, tramite il presidente Salvatore Mattana “ribadisce che il consorzio è un ente che svolge attività industriale e non può utilizzare risorse per far fronte ai costi della gestione dei rifiuti, che è un onere della Regione. La perdita odierna fa seguito a quella registrata nel 2017, a dimostrazione della ciclicità della crisi aziendale, e la situazione non è ulteriormente sostenibile”. In sintesi: per un verso i Comuni hanno pensato a migliorare l’ambiente e risparmiare i soldi dell’incenerimento, dall’altro però per coprire i buchi serviranno altri soldi pubblici. 

Andrea Deidda

andrea.deidda@sardiniapost.it

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