Carcere di Uta. 2/5 VIDEO Elton Ziri. Fine pena: 2030

Albanese, 31 anni. Ricorda: “Da bambino vedevo sempre dei cani in un recinto. Erano aggressivi. Adesso capisco perché”.

Elton Ziri ha 31 anni (foto-ritratto di Roberto Pili). Dall’Albania è arrivato in Italia quando ne aveva 17. Da sette è in carcere, anche lui da detenuto modello. Un mese fa la promozione a cuoco, il gradino più alto davanti ai fornelli. Lavora nove ore al giorno, ma non ne trascorre uno senza coltivare la sua seconda passione, il culturismo (qui tutti i link di questa seconda puntata dell’inchiesta, qui invece la prima).

Muscoli veri e muscoli della volontà: sei il più palestrato tra i detenuti?

Questo bisogna vederlo (ride), perché siamo più di 500. Però l’attività fisica è una passione da quando sono piccolo.

Proprio a Uta la palestra è un’incompiuta, lasciata a metà dalla ditta che ha vinto l’appalto del penitenziario, ma è fallita prima di completarlo. Tu adesso dove ti stai allenando?

Qui, ma come in tutte le altre carceri che purtroppo ho girato, devo allenarmi in cella o all’aria. Uso le bottiglie e le riempiamo di sale.

Chi ve lo porta tutto quel sale?

Lo prendiamo con la spesa. Anzi, lo prendevano, perché non è più in vendita per motivi di sicurezza. Nel sale si potrebbe nascondere qualcosa.

Lo sport è socializzazione anche in carcere?

Sì, seguo una vita sana e ho sempre cercato di dare consigli alle persone che mi sono state vicine.

Titolo di studio?

La terza media, presa a Buoncammino.

A cosa pensi più spesso?

Al fatto che vivere qua è un eterno dolore. E non ci si abitua mai. Abbiamo la sofferenza dentro.

Il tuo fine pena?

Nel 2030.

Hai figli?

No.

Cos’altro ti fa distrarre?

Leggere la Bibbia.

Sei cattolico?

No, io sono musulmano di famiglia, ma la Bibbia la sto studiando.

Ti convertirai?

Non sono ancora convinto su quale sia la mia religione. Mi piace anche il buddismo.

Diritti ai detenuti: l’Italia che Paese è?

Ha una mentalità arretrata. Si fatica a capire che siamo esseri umani come gli altri, e possiamo sbagliare. Ma siamo anche capaci di migliorare.

Quale attenzione ti piacerebbe ci fosse verso i detenuti?

Non chiedo trattamenti particolari, non sarebbe giusto. Ma per cambiare serve un lavoro.

I ricordi dell’infanzia ti tengono compagnia?

Sì. Quando ero piccolo e andavo a scuola, facevo un pezzo di strada dove c’erano dei cani bellissimi, chiusi in un recinto. Era molto aggressivi. Abbaiavano a tutti. Solo da qualche tempo capisco il perché: non erano liberi.

Tra le carceri che hai girato, il livello di Uta com’è?

Devo dire, e non per fare un complimento gratuito, che qui c’è un bravo direttore. Nonostante ci siano cose che non funzionino, come la palestra, lui cerca di comprendere le nostre esigenze.

Di Buoncammino cosa non rimpiangi?

Ci dovevamo dividere un bagno in sei. Qui abbiamo la doccia in camere, non è poco.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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