Turismo, la tassa di sbarco tiene banco: torna lo spauracchio del doppio balzello

Tassa di soggiorno o tassa di sbarco? È questa, alla fine, la scelta davanti cui si troveranno i consiglieri regionali della quinta commissione che hanno cominciato l’esame della proposta di legge sull’introduzione di una tassa di sbarco in Sardegna. Oggi sono in corso le audizioni dei rappresentanti del settore turistico e degli operatori, a partire da Unioncamere e dalle Camere di commercio, dall’Anci, per proseguire con l’assessore del Turismo, Gianni Chessa, e le associazioni di categoria Federalberghi e Assohotel. L’idea, tradotta in norma, è del consigliere dell’Udc Cambiamo!, Antonello Peru – che la depositò quando ancora era in Forza Italia -, supportato dalla ex collega di partito e assessora del Lavoro, Alessandra Zedda e dai consiglieri Giuseppe Talanas (Fi), Gian Filippo Sechi, Pietro Moro, Domenico Gallus e Giorgio Oppi (Udc Cambiamo!).

Otto articoli per un obiettivo chiaro: ‘introdurre e regolare in maniera omogenea su tutto il territorio regionale un contributo economico richiesto ai soggetti che soggiornano sull’isola a fini turistici, a prescindere dalla natura della struttura ricettiva scelta durante la permanenza’, si legge nel testo. Nel dettaglio, si prevede che i ricavi della tassa siano obbligatoriamente destinati a interventi per migliorare l’offerta turistica. Per quanto riguarda i destinatari,  a pagare saranno i non residenti nell’Isola, pur con la previsione di un certo numero di esenzioni, tra cui quella per i nati in Sardegna. La norma, poi, individua i soggetti materialmente tenuti all’attività di riscossione, a cui è riconosciuto un contributo per l’attività svolta e che ‘il gettito derivante dall’applicazione dell’imposta sia ripartito annualmente tra i Comuni inseriti nell’elenco regionale delle località turistiche o città d’arte, in proporzione al numero di presenze turistiche annue, e dispone espressamente l’esclusione da tale ripartizione dei Comuni che preferiscano avvalersi della facoltà di istituire l’imposta di soggiorno’. Secondo la norma dunque i Comuni che preferiscono applicare la tassa di soggiorno non avranno i benefici di quella di sbarco.

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Le polemiche sono partite subito dopo il lancio della proposta di legge, ma in realtà se ne parla da anni. Un tributo unico all’arrivo nell’Isola, a prescindere da quale struttura si scelga, può essere pagato da tutti i turisti in arrivo. La Lega però aveva già fatto sapere di non essere assolutamente favorevole. ‘No a doppi balzelli’, ha sostenuto in riferimento all’esistente tassa di soggiorno che sempre più Comuni stanno istituendo in Sardegna. Attualmente sono circa cinquanta i centri che la applicano nell’Isola (compresi quelli delle isole minori, Carloforte e La Maddalena, che la applicano sui traghetti), per un ammontare complessivo di denaro che entra nelle casse municipali che si aggira sui venti milioni l’anno. Tra i Comuni che guadagnano di più dall’obolo turistico ci sono Arzachena (circa due milioni l’anno), Alghero (1,5 milioni) e a seguire Villasimius, Olbia e Muravera. Le tariffe oscillano tra i 50 centesimi e i cinque euro per persona a notte. Con la tassa di sbarco, per non raddoppiare i balzelli come chiedono a gran voce anche gli albergatori, coloro che materialmente riscuotono la tassa per conto dei Comuni, bisognerebbe cancellare quella di soggiorno. Ma la questione si complica, perché la tassa di soggiorno è un’imposta stabilita con legge nazionale.

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Quando Peru presentò la proposta, l’allora ministro del Turismo Gianmarco Centinaio la bocciò subito. Ma l’alleato della Lega al governo della Regione, il Psd’Az, vede invece di buon occhio la proposta di Peru. “Abbiamo l’occasione di portare a nostro vantaggio il fatto di essere un’Isola: chi non vuole spendere neanche 5 euro, da trasformare in servizi, per entrare in Sardegna può restare a casa”, aveva dichiarato il presidente della quinta commissione, Piero Maieli. (mar.pi.)

 

 

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