Sulcis, la legge del ‘chi inquina paga’. Ma sulle bonifiche i tempi sono biblici

Le bonifiche ambientali? Una partita che a Portovesme vale 243,85 milioni di euro a carico delle società proprietarie degli stabilimenti. Il tutto in applicazione al principio del ‘chi inquina paga’. Gli interventi di risanamento ammontano a 179,35 milioni di euro, per la sistemazione di suoli e falde acquifere contaminate. Soprattutto da fluoruri, cloruri e idrocarburi. A questo importo si aggiungono 64,5 milioni e mezzo per “spese operative e gestionali” da distribuire nei cinque anni successivi. In totale si impiegheranno 426 persone, tra tecnici e operai. Con questo approfondimento sulle bonifiche (qui la prima, qui la seconda).

Il quadro. A Portovesme gli interventi sono a carico di cinque aziende: Alcoa, proprietà americana; Portovesme srl, controllata dagli svizzeri di Glencore; Eurallumina, in mano ai moscoviti di Rusal; Ligestra, società della finanziaria pubblica Fintecna; Enel. A raccontare l’avanzamento delle opere di recupero ambientale è l’ultimo rapporto (datato 28 febbraio 2019) sullo stato di attuazione del Piano Sulcis. Il progetto, ideato dall’allora Provincia di Carbonia-Iglesias e gestito dalla Regione, mette assieme tutti i finanziamenti e i programmi destinati al territorio e dedica proprio un paragrafo al programma di risanamento. È una sorta di cronoprogramma degli interventi.

Syndial. Finora a Portovesme l’unica bonifica completata da tempo è quella della società che fa capo al gruppo Eni. Nel Sulcis la spa ha utilizzato, dal 1971 al 1992, un’area per “lo smaltimento dei rifiuti provenienti dallo stabilimento metallurgico di EniRisorse”, poi privatizzato e diventato Portovesme srl sotto il controllo di Glencore.

Portovesme srl. Nell’azienda che produce piombo, zinco, acido solforico, oro, argento e rame, la spesa complessiva per portare avanti gli interventi ambientali ammonta a 28,97 milioni di euro. Di questi 24,3 sono destinati alla rimozione degli scarti industriali contaminati e alla impermeabilizzazione dei suoli, secondo un progetto approvato nel 2014; altri 4,67 milioni verranno utilizzati per la messa in sicurezza della falda acquifera, secondo un intervento deliberato nel 2015.

Enel. Le opere di risanamento riguardano la centrale termoelettrica Portoscuso (Cte) e quella a carbone Sulcis. L’investimento vale 26 milioni di euro tra interventi avviati, bonifica delle acque di falda e smaltimento delle ceneri derivanti dalla produzione di energia. Finora è terminata solo la rimozione dei cumuli di terra dalla centrale Sulcis.

Alcoa. Nello stabilimento che la multinazionale americana utilizzava per produrre alluminio primario, il progetto da 30,4 milioni di euro prevede la rimozione e lo smaltimento di scarti industriali, pari a oltre 62.500 metri cubi. Con 26,9 milioni verranno bonificati i suoli attraverso “lo scavo per il recupero dei materiali, lo stoccaggio in una discarica autorizzata e la messa in sicurezza dei terreni risultati contaminati”, soprattutto nelle arre a nord della proprietà aziendale, risultate ad alta concentrazione di fluoruri. Altri 3,5 milioni di euro riguardano gli interventi sulla falda acquifera.

Eurallumina. Nella società che lavora la bauxite, il programma delle bonifiche attende le autorizzazioni per il riavvio della stessa raffineria da cui si produce l’allumina. Sulla carta le opere di risanamento ambientale valgono 47,14 milioni di euro, divisi in più interventi. Con 5,9 milioni saranno rimborsati i costi di gestione sostenuti dal 2010 a oggi dalla Simam, società specializzata nel trattamento acque industriali e che ha realizzato una barriera idraulica provvisoria. Altri 17,45 milioni sono le risorse per la messa in sicurezza del bacino dei fanghi rossi ‘Su Stangioni (nella foto di copertina)’, un’area utilizzata per lo stoccaggio dei residui di lavorazione, dal volume di 20 milioni di metri cubi, e in cui sono contenute 40 milioni di tonnellate di materiali. Lo scorso gennaio c’è stata una levata di scudi da parte di Legambiente contro il possibile ampliamento. Nella relazione del Piano Sulcis sono poi indicati altri 22,6 milioni di interventi sempre per il recupero ambientale, analisi di rischio e interventi nello stabilimento. Sulla progettazione di alcune opere si attende ancora la fine dell’istruttoria. Infine per il funzionamento del Tari, l’impianto per il trattamento dei reflui industriali, sono stati stanziati 1,19 milioni.

Ligestra Alumix. Per quel che riguarda la discarica Alumix, oggi proprietà di Ligestra due, srl controllata dalla Cassa depositi e prestiti per il tramite della Fintecna, ci sono da smaltire circa 200.000 metri cubi di scarti industriali. Si tratta “principalmente da rifiuti di demolizione delle celle elettrolitiche (una sorta di vasche utilizzate nel processo produttivo dell’alluminio)”, è scritto ancora nella relazione allegata al Piano Sulcis. “Tale sub-area – si legge nel rapporto – è in fase di messa in sicurezza e di copertura”. L’intervento è propedeutico al trattamento dei rifiuti accumulati nelle aree esterne dello stabilimento. Il cantiere delle bonifiche è in attività dal 2010, la conclusione dei lavori è prevista nel 2020”. Il progetto risanamento, inizialmente stimato in 35 milioni, oggi vale 52,34 milioni “a causa dei maggiori oneri per l’invio all’esterno dei materiali”. Ovvero lo stoccaggio in discariche autorizzate. A ciò vanno sommati 5 milioni di euro per la bonifica della falda acquifera.

Progetto comune. Le bonifiche includono un programma interaziendale che riguarda Alcoa, la Portovesme srl, Eurallumina, Enel e Ligestra. L’attività riguarda la bonifica della falda acquifera dell’intera area industriale di Portovesme. Si tratta di uno degli interventi più rilevanti che prevede l’impiego di risorse per 54 milioni. Il principio del ‘chi inquina paga’ verrà applicato in base “alla lista delle sostanze contaminanti” prodotte nel corso degli anni. La ripartizione dei costi sarà calcolata utilizzando un algoritmo. Il progetto esecutivo è in fase di redazione.

(3 – fine)

Davide Madeddu

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