Ristoranti in casa, la proposta di legge. Imprese in allarme: “Poca chiarezza”

Trasformare in attività professionali i ristoranti nelle case private. La prima proposta in Italia di normare quel mondo sempre più in crescita della ristorazione casalinga e della condivisione sociale del buon cibo, arriva dalla Sardegna. Più precisamente dal gruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale. Ma l’idea ha fatto subito storcere il naso alle associazioni di categoria che riuniscono i commercianti e i ristoratori, messe in allarme dalla possibilità di un mercato allargato, con regole diverse sotto l’aspetto fiscale e di sicurezza sanitaria.

La proposta di FdI è legata in particolare all’aspetto della tradizione sarda. L’ospitalità, l’offerta di ristoro per i viaggiatori nelle abitazioni private, sono tradizioni che appartengono al dna dei piccoli centri dell’interno della Sardegna, sottolineano i presentatori della proposta. Si punta, in sostanza, ad aprire il mercato della ristorazione a nuove economie della condivisione, ampliando l’offerta turistica tradizionale con piatti tipici e prodotti identitari che spesso non si trovano nei menù delle trattorie.

Il testo di 15 articoli demanda alla Giunta regionale l’approvazione di un apposito regolamento di attuazione, prevedendo, tra gli altri, anche uno stanziamento ad hoc rivolto a progetti pilota da individuare attraverso un bando dell’assessorato del Turismo. In questo modo, spiegano gli esponenti di Fdi, si otterrà anche il risultato di valorizzare il tessuto delle piccole o piccolissime produzioni alimentari, anche con l’organizzazione di eventi enogastronomici attraverso le piattaforme digitali.

Ma a stretto giro è arrivato il tintinnio del campanello agitato dalle associazioni di categoria. “Apprendiamo della proposta di legge di Fratelli d’Italia tesa a promuovere, regolamentare e sviluppare il settore degli home restaurant in Sardegna – scrive Alberto Bertolotti, presidente di Confcommercio Sud Sardegna e consigliere nazionale Fipe (Federazione pubblici esercizi) -. Sebbene più volte ribadito dal Mise che l’attività di ‘Home restaurant’ continua ad essere classificata come attività imprenditoriale di somministrazione di alimenti e bevande, al momento rimane ancora un grande vuoto normativo a livello nazionale”. L’associazione di categoria contesta anche la mancata chiarezza sia sul tema della sicurezza che su quello della concorrrenza. “Sono ancora tanti i temi da chiarire sia sul tema fiscale che su quello della sicurezza e della concorrenza leale. A noi rimane sempre caro il concetto ‘stesso mercato, stesse regole’“.

“Viene naturale chiederci come possa essere promosso a livello regionale un comparto che ancora a livelo nazionale non è stato ancora normato”, ha insistito Emanuele Frongia, Fipe Confcommercio Sud Sardegna. “Non vogliamo ostacolare la legittimazione di una nuova possibile offerta, ma chiediamo che le aziende abbiamo come prima tutela una chiarezza normativa in modo da poter competere ad armi pari e quindi essere, come sempre, portatori di professionalità e di valor aggiunto. Le aziende sono state create da appassionati che hanno fatto delle origini menzionate nel testo di legge nient’altro che la propria professione dando un valore aggiunto a tutto il territorio”. Dagli obblighi sui bagni, alle tariffe dei rifiuti e ai divieti di somministrazione degli alcolici. I nodi sono tanti e l’associazione di categoria si è già attivata per chiedere un’audizione in Consiglio regionale. “Auspichiamo che ogni tema che coinvolge, per non dire stravolge, il nostro comparto sia tema condiviso e parte integrante di un proficuo dialogo con la Regione Sardegna e le istituzioni tutte”, ha concluso Bertolotti.

Dal canto loro i presentatori della proposta sono convinti che “il giusto connubio tra tradizione e la rete possa aprire un nuova stagione per la Sardegna e in modo particolare per l’interno”, sottolinea il capogruppo Francesco Mura. “Vogliamo contribuire a valorizzare il patrimonio enogastronomico della Sardegna – aggiunge il consigliere Fausto Piga – e offrire nuove opportunità di lavoro e crescita che non devono essere considerate in concorrenza con le tradizionali attività turistiche”.

Il sostegno dell’iniziativa di Fdi arriva dai circuiti di social eating e home restaurant più diffusi in Rete, organizzati ormai in un vero e proprio sistema che si basa sulla sharing economy. A partire da Home Restaurant Hotel, piattaforma leader nel comparto che da anni “cerca di difendere il settore dagli attacchi delle associazioni di categoria che si sentono ingiustificatamente minacciate dalla sharing economy”, si legge in una nota. “Dalla Sardegna arriva un importante esempio di quello che dovrebbe essere l’approccio da parte della politica e delle pubbliche amministrazioni al social eating e agli Home restaurant”, sottolinea Gaetano Campolo, rappresentante della piattaforma.

“In questi anni – aggiunge Campolo – siamo entrati in contatto con migliaia di persone che vorrebbero mettersi in gioco e provare ad intraprendere iniziative simili, conosciamo molto bene le necessità del comparto e le potenziali criticità. In attesa di ulteriori sviluppi non possiamo far altro che valutare positivamente questo approccio ed augurarci che altre regioni seguano l’esempio sardo”.

A dare man forte è Cristiano Rigon, fondatore di Gnammo.com, il principale portale italiano del social eating che conta oltre 250mila iscritti, 23mila eventi, 8.909 cuochi in 2.538 città e che ha già registrato l’interesse di tanti sardi: 2.300 utenti e 400 iniziative in 70 centri dell’isola. (mar.pi.)

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