Rincari materie prime, l’edilizia nel caos. Ferro, cemento e pvc ai massimi storici

Uno di principali settori a subire pesantemente gli effetti dei rincari delle materie prime è quello edile, già in sofferenza prima della pandemia. E gli effetti li vedono già non solo i costruttori, ma anche chi vuole comprare casa in questi mesi. Aumenti dei prezzi a doppia cifra. Il ferro è schizzato al 230 per cento in più, il polistirene (utilizzato per i pannelli da coibentazione termica) +111 per cento, il pvc +71 per cento, il rame +47, il cemento +10. Le imprese, in particolare in Sardegna dove la dimensione aziendale è medio-piccola, sono in seria difficoltà, con il concreto rischio di chiusura dei cantieri per i salassi eccezionale del costo dei materiali da costruzione e le difficoltà di reperimento. L’allarme è stato lanciato da molti nell’ultimo anno. Aumenti che in molti casi hanno un sapore speculativo, con i grossi gruppi internazionali che orienterebbero l’andamento dei prezzi

“Negli ultimi sei mesi c’è stato un rincaro di tutti i materiali, le piccole e medie imprese arrivano a pagare il 60 per cento in più, questo fa lievitare i costi totali dei lavori nella migliore delle ipotesi, nella peggiore si perdono le commesse perché non si riesce a garantire la prosecuzione dei lavori”. A parlare è Andrea Virdis, presidente di Confapi-Aniem Sardegna (che riunisce le medie imprese del settore) e proprietario di Sarda Ponteggi, leader nell’Isola nel noleggio di sistemi per impalcature destiate ai cantieri edili. “Al momento la mia azienda ha tutto il materiale impegnato nei cantieri ditata l’Isola, che nell’ultimo anno sono esplosi per via degli incentivi statali. Ho una lista di commesse che non posso prendere perché ho difficoltà a reperire il materiale”, racconta l’imprenditore. E spesso le commesse vengono fagocitate dalle grandi imprese nazionali o internazionali.

Le cause sono attribuibili a una combinazione di fattori. Uno esterno al Paese, cioè la ripresa globale della produzione post pandemia e la ripartenza della domanda, che hanno portato i mercati internazionali – soprattutto asiatici e americani – ad assorbire materie prime per soddisfare la produzione industriale. Il secondo, interno, è legato alla domanda interna indotta dalle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione e riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare e, in particolare, appunto, dall’effetto Superbonus 110%, che ha finalmente dato respiro al settore delle costruzioni, in crisi da più di un decennio. I due fenomeni, sommati, si stanno ripercuotendo sulle imprese con un duplice effetto negativo, spiegano dalla Consulta delle costruzioni della Provincia di Sassari, che ha analizzato il fenomeno.

“Un aumento così pesante dei prezzi delle materie prime può portare a un blocco dell’intero sistema dell’edilizia sarda”

Andrea Virdis, Confapi-Aniem

Da un lato la compromissione dei contratti di appalto in essere, con la possibilità di rescissione del contratto nel caso di mancato adeguamento dei costi da parte dei committenti e dall’altro il rallentamento nell’esecuzione degli interventi legati al Superbonus 110% al punto che, nella peggiore delle ipotesi, si vanificano gli effetti positivi per la ripresa del comparto delle costruzioni. Parallelamente emerge anche la difficoltà di reperire i materiali sul mercato. “Un aumento così consistente dei prezzi delle materie prime porta alla rivisitazione dei preventivi già fatti – spiega Virdis – e, come conseguenza anche al budget a disposizione per ogni singola opera, c’è il rischio che sia le imprese che i cittadini non facciano i lavori portando a un nuovo blocco del sistema dell’edilizia”.

A fronte di questa situazione, tutte le associazioni datoriali nazionali di categoria hanno chiesto al Governo di intervenire tempestivamente, con una misura immediata che riconosca gli aumenti eccezionali. L’appello che nell’Isola rilanciato dalla Consulta delle costruzioni della Provincia di Sassari, va anche a tutti i committenti privati e le amministrazioni appaltanti perché garantiscano l’equilibrio delle prestazioni contrattuali, senza gravare sulle imprese, ma facendo un uso intelligente degli strumenti legislativi in loro possesso. 

L’interlocutore è lo Stato, ma ala Giunta si bacchetta l’ennesimo ritardo, quello dell’aggiornamento del prezziario regionale: l’ultimo in vigore è quello del 2019, ancora mai modificato tenendo conto dei maggiori costi dei materiali. Le associazioni chiedono anche l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), necessari alla corretta rispondenza alla normativa sul Superbonus 110%, attualmente assenti dal vigente prezziario regionale. (2 – continua)

Marzia Piga

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