Prezzo latte fermo a 77 centesimi litro: nuove proteste dei pastori all’orizzonte

È passato quasi un anno, il prezzo del Pecorino romano è salito ma il prezzo del latte pagato ai pastori rischia di fossilizzarsi a meno di ottanta centesimi al litro, sotto i costi di produzione. Sembra un film già visto e comincia a sentirsi sempre più forte il brusio di protesta che si sta levando da qualche mese nelle campagne. Dai dati Ismea sulla borsa dei prodotti lattiero-caseari ovini, il prezzo del Pecorino romano oggi oscilla dai 6,90 euro per chilogrammo della piazza di Cagliari ai 7,35 di quella di Macomer (Sassari 7 euro), mentre quello del latte si ferma a 77 centesimi al litro.

Così, in piena campagna lattiero-casearia e nonostante gli ultimi incontri al ministero delle Politiche agricole, i pastori risollevano la voce. “La situazione è questa nonostante il Pecorino Romano sopra i 7 euro e l’assenza di eccedenze, tanto che la cooperazione potrebbe verosimilmente chiudere la campagna 2019 con saldi superiori ai 90 centesimi”, dicono Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi, i due portavoce dei pastori senza bandiera che hanno sinora partecipato alle trattative ai tavoli ministeriali. “Si offre un unico prezzo concordato, facendo di fatto cartello, in barba alle raccomandazioni dell’Agcom – dicono -. In pratica ci troviamo nelle stesse condizioni dell’anno scorso. Per noi la ragione è nella lentezza delle risposte della politica e della burocrazia anche quando le soluzioni vengono individuate, concordate e siglate”.

Sanna e Falchi lamentano che il Decreto emergenze sta ancora ultimando le fasi istruttorie “e non ha portato alcun vantaggio alla remunerazione del latte nella campagna precedente” e il tavolo sulla griglia di remunerazione non viene convocato. “La riforma della filiera non è partita – osservano – L’Oilos non parte, il Piano del Consorzio è fermo alla versione bocciata dagli allevatori e da molte cooperative”. Per i due portavoce degli allevatori, “senza una politica forte e presente che costringa ciascuno a prendersi le proprie responsabilità con ulteriori dilazioni si andrà incontro a nuove proteste probabilmente ancora più esasperate rispetto a quelle dell’anno scorso. Anche perché le associazioni di categoria dormono e non si capisce da che parte stiano, visto che non si conoscono né le iniziative che intendono prendere né la loro posizione rispetto al Piano di Regolazione. Neanche le denunce potranno avere effetti sulla rabbia dei pastori. Come rappresentanti – concludono – non ci sentiamo responsabili dell’eventuale ripresa delle proteste in forme anche forti”. (mar.pi)

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