Un sardo su 3 in condizioni di povertà. Allarme Eurostat, disagio in crescita

Il reddito di cittadinanza che scalda i motori e riguarda, al momento, circa 270mila sardi, può essere una via d’uscita e un supporto ma la situazione della Sardegna se si allontana il punto di osservazione appare ancora più complicata. Ci sono sempre più sardi a rischio povertà e il trend, che va avanti da molti anni, è ancora in discesa.

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L’ultima ricerca rilasciata qualche giorno fa dal team di Sseo, l’osservatorio socio economico della Sardegna, è allarmante e parla di un sardo su tre (il 38,1 per cento della popolazione) a rischio povertà. L’analisi prende in considerazione l’ultimo aggiornamento dei dati Eurostat, che risale a un mese fa, sull’indicatore che misura per ogni territorio europeo la quantità di popolazione che versa in condizione di rischio povertà o di esclusione sociale. Un indicatore che viene poi preso in considerazione dalle istituzioni europee e nazionali per concorrere alle strategie e alle politiche dell’Unione.

Il team di Sseo ha preso i dati e ha aperto una finestra sulla Sardegna nel corso degli ultimi tredici anni in generale, e nell’ultimo biennio in particolare, e un confronto con i differenti contesti statali e isolani d’Europa. “Nel 2004 in Sardegna il 27,6 per cento della popolazione, pari a poco più di 1 cittadino su 4, risultava in condizioni di rischio povertà o di esclusione sociale. Il valore con un andamento altalenante ha toccato il minimo nel 2010 con il 26,2 per cento per poi risalire fino al 2017 con un valore pari al 38,1 per cento, pari a più di 1 cittadino su 3. La crescita complessiva del livello di povertà nel corso del periodo considerato è stata dunque pari a +38 per cento, con un incremento medio annuo del 2,7 per cento”, scrivono gli analisti nel sito di Sseo.

L’analisi dei statistici di Sseo prosegue poi con un confronto particolare, quelloche vede la Sardegna paragonata ad altri Paesi e Isole d’Europa. “Nel confronto con gli altri contesti territoriali europei appare subito evidente quanto la situazione fatta registrare in Sardegna appaia ancora più grave – scrivono -: nel 2017 la Sardegna faceva registrare uno dei peggiori risultati in termini di marginalizzazione di ampi strati della popolazione con valori superiori a quelli registrati in Grecia (34,8 per cento) e inferiori solo a quelli registrati in Turchia (45,1 per cento)”.

Nell’elaborazione è possibile confrontare il dato sardo oltre che con tutti i paesi europei anche e soprattutto con alcuni contesti insulari: “Cipro, le Isole Baleari e l’Irlanda nel 2017 facevano registrare un valore dell’indicatore tra il 24 per cento e 25 per cento; Malta il 19 per cento e l’Islanda il 12,2 per cento con uno dei risultati migliori d’Europa e abbondantemente in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020″.

Per quel che riguarda le variazioni fatte registrare nel breve (ultimi due anni) e nel medio periodo (ultimi 10 anni), l’analisi fa notare come la Sardegna faccia registrare performance tra le peggiori in entrambi i periodi temporali. “La Sardegna complessivamente fa registrare negli ultimi 10 anni un peggioramento del +7,8 per cento, mentre nel breve periodo, ossia nell’ultimo biennio, una variazione sempre in termini peggiorativi del +1,5 per cento”.

Mettere a confronto la Sardegna con il resto dell’Europa, Stati e regioni insulari, è molto utile, secondo gli esperti di Sseo: “È uno degli obiettivi di Sseo: smetterla con il provincialismo statistico che ci vuole in eterna competizione con Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e aprire i nostri orizzonti al Mediterraneo, all’Europa e al mondo”, sottolinea Frantziscu Sanna Carta, fondatore e analista di Sseo. “È importante capire come vanno le cose nelle piccole repubbliche europee, nelle isole del mondo per imparare, studiare dalle strategie altrui – aggiunge e ironizza -: per chi vuole leggere i rapporti in chiave ‘meridione italiano’ c’è lo Svimez che da decenni ci delizia con l’eterna sfida dell’arretratezza incolmabile”.

Marzia Piga

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