C’è chi alla rivoluzione digitale non vorrebbe rinunciare e la ritiene sacrosanta e utile, ma sostiene che i passi per arrivarci non solo siano troppo onerosi, ma anche controproducenti. Nasce così il no all’obbligo di fatturazione elettronica che scatterà dal 1° gennaio 2019 per tutti i titolari di partita Iva, con alcune esclusioni. Mercoledì 12 dicembre a Roma, in piazza Montecitorio, artigiani, professionisti, imprenditori e commercianti, guidati da Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni si ritroveranno per chiedere al Governo alcuni correttivi.
“Non siamo contro la semplificazione e lo snellimento della burocrazia, ma chiediamo al Governo che la fatturazione elettronica sia obbligatoria solo per le prestazioni di importo superiore a 10mila euro e che sia posticipata per le piccole imprese al 2022”, spiega Paolo Truzzu, il coordinatore regionale del partito in Sardegna e capogruppo in Consiglio regionale. “La Sardegna è fatta di imprese piccolissime e piccole, quelle più fragili e su cui impattano questo tipo di trasformazioni – continua Truzzu – le conseguenze in termini di costi e tempi di gestione è alto, si pensi poi agli studi professionali dei consulenti che hanno persone dedicate a questo e che si troverebbero in situazioni di precarietà”. “Non è così che si combatte l’evasione fiscale”, sostiene il coordinatore di FdI.
La leader di FdI, Meloni, ha dato il via anche alla raccolta di firme sul sito: “Fateci capire: la fattura elettronica non si può rinviare perché assicura due miliardi di entrate allo Stato, dice il governo. Ma la spesa pubblica italiana ammonta a 880 miliardi – ha dichiarato ieri la Meloni – E proprio il governo del cambiamento e della lotta agli sprechi non riesce a trovarne 2 da tagliare per risparmiare l’ennesima mazzata alle imprese?”.
Mar. Pi.