Nell’Isola cenoni da 378 milioni di euro: “No al ‘fake food’, consumate sardo”

Per Natale le famiglie sarde spenderanno circa 378 milioni di euro (sessanta in più rispetto al consumo medio mensile) per acquistare prodotti alimentari e bevande per le feste: pane, pasta, carni, salumi, formaggi, verdure, ortaggi, frutta e, soprattutto, dolci e vini, distillati e bevande, tutti prodotti della food economy della Sardegna. Un settore, quello dell’agroalimentare, rappresentato nell’Isola da 3.579 imprese artigiane che danno lavoro a 5.733 addetti, con un’offerta enogastronomica di 8 prodotti Dop, Igp e Stg, ben 205 ‘tradizionali’, e una capacità export di circa 200 milioni di euro. Sono questi alcuni dei numeri che emergono dall’analisi dell’Osservatorio per le Pmi di Confartigianato Imprese Sardegna su dati Istat, UnionCamere-Infocamere e Mipaaf relative all’ultimo anno.

“I nostri ‘artigiani del gusto’ utilizzano materie prime sarde e metodi di produzione tipici che evidenziano il legame con il territorio – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Sardegna -, la genuinità di queste specialità fa bene alla salute, fa muovere l’economia e contribuisce a mantenere alta la bandiera del food regionale nel mondo”. Le festività legate al Natale modificano notevolmente le abitudini di spesa anche dei consumatori sardi. A dicembre, infatti, il 95,3 per cento della spesa in prodotti alimentari e bevande delle famiglie è costituita da prodotti alimentari e bevande analcoliche e per il restante 4,7 per cento da bevande alcoliche. In particolare i prodotti più acquistati sono formaggi e latticini con una quota del 6,1 per cento sul totale della spesa alimentare, salumi con il 4,9 per cento, pane con il 4,6 e altri prodotti di panetteria e pasticceria (tra cui rientrano in particolare i dolci da ricorrenza) con il 4,3. A livello provinciale si stima una spesa di alimentari di 116 milioni di euro nel Nord Sardegna (46 di prodotti artigiani), 101 a Cagliari (40 artigiani), 78 nel Sud Sardegna (31 dall’artigianato), 47 a Nuoro (19 artigiani) e 36 a Oristano (14).

“Da sempre siamo in prima fila contro il ‘fake food‘ – sottolinea il presidente di Confartigianato Sardegna -, una ‘rapina’, a livello nazionale, da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno, di centinaia di milioni di euro solo in Sardegna“. Matzutzi spiega le dimensione del fenomeno. “È il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare ‘Made in Italy’, il più clonato nel mondo – sottolinea il numero uno di Confartigianato –, si tratta di un vero e proprio ‘scippo’ ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari”.

“I consumatori vengono truffati, i piccoli imprenditori e gli agricoltori dell’agroalimentare derubati – continua – a questo si aggiunge il fatto che ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari ‘clandestini’ e ‘pericolosi’ per oltre 2 miliardi di euro. Poco meno del 5 per cento della produzione agricola nazionale. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane negli ultimi due anni si sono più che quadruplicati. E ciò significa che i controlli funzionano, ma il pericolo di portare a tavola cibi a rischio e a prezzi stracciati è sempre più incombente. Da noi in Sardegna, insieme al maialetto o all’agnello ‘taroccati’, sono vittime di agropirateria numerosi prodotti tipici sardi come, per esempio, i pomodori, i sughi, l’olio di oliva, i formaggi o i vini“.

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