La crisi di ‘Insar spa’ travolge LavoRas: niente soldi ai 582 progetti dei Comuni

La crisi di Insar, la spa partecipata dalla Regione che rischia di finire in liquidazione, ha trascinato nella paralisi pure un pezzo di LavoRas, il piano straordinario per l’occupazione voluto dal centrosinistra nella precedente legislatura e approvato con la Finanziaria del 2018. L’investimento complessivo valeva 128  milioni, di cui 45 da destinare ai “Cantieri di nuova attivazione”. Ovvero progetti paragonabili ai lavori socialmente utili con contratti di otto mesi. Materialmente gli interventi dovevano redigerli gli enti locali, mentre all’Insar sarebbe spettato l’esame delle pratiche e il successivo pagamento degli acconti.

Invece è successo che la spa pubblica – sede in via Mameli a Cagliari e gestita sino allo scorso 16 maggio dalla manager Paola Piras -non è riuscita a battere chiodo. Rispetto alle 582 pratiche presentate dai Comuni sardi, nemmeno una è stata finanziata. Nessuna amministrazione ha ottenuto neppure il primo acconto. Così a far data al 28 maggio scorso, quando Sardinia Post ha concluso l’ultima verifica sull’avanzamento delle domande protocollate.

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Insar (nella foto) aveva ottenuto l’incarico formale di seguire la misura dei ‘Cantieri di nuova attivazione’ con la delibera 11/3 del 2 marzo 2018 (qui il documento integrale). Due le firme in calce: l’allora assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, il ‘padre’ di Lavoras, e Alessandro De Martini, il direttore generale. Di quei 45 milioni stanziati per lo specifico intervento, 35 erano fondi europei Fsc, i restanti 10 risorse regionali girate dall’Insar.

Per ‘Cantieri di nuova attivazione’ è da intendersi un ‘catalogo’ di sei diverse tipologie di intervento: Ambiente (1); Beni culturali e archeologici (2); Edilizia (3); Reti idriche (4); Valorizzazione attrattori culturali (5); Patrimonio pubblico ed efficientamento delle procedure comunali (6). Ciascun settore è stato poi ripartito in più attività per meglio articolare le assunzioni a tempo previste (almeno sulla carta).

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Come si legge ancora nella delibera 11/3 del 2018, i destinatari di questo pacchetto LavoRas-Insar erano i disoccupati iscritti ai centri per l’impiego e residenti nel Comune firmatario del progetto. Stando sempre alle regole fissate per la ripartizione dei 45 milioni stanziati, spettava invece all’Aspal, l’agenzia regionale per le politiche attive del lavoro, predisporre le graduatorie, da dividere in tipologie professionali secondo criteri fissi come l’anzianità nelle liste di disoccupazione o il reddito Isee.

La Regione, a sua volta, si era impegnata a versare a Insar due milioni di euro per lo svolgimento di un’attività che, di fatto, non è stata portata a compimento. Eppure l’urgenza dell’iter è scritta nello stesso documento approvato dalla Giunta. “Entro trenta giorni dall’adozione della delibera – è un passaggio – si costituisce l’Osservatorio sull’andamento del programma Lavoras col compito di monitorarne l’attuazione, il rispetto del cronoprogramma e l’efficacia”. Non solo: “Insar – è scritto ancora – svolge il ruolo di soggetto gestore della misura per conto della Regione con il compito di coordinamento operativo, di gestione delle risorse finanziarie e di assistenza tecnica ai Comuni attuatori dei cantieri”.

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Da allora sono passati quindici mesi. Rispetto a quei 582 progetti consegnati a Insar, un quinto è partito solo perché i Comuni hanno avuto la disponibilità finanziaria e sono riusciti a organizzarsi autonomamente. Una soluzione, questa, contemplata nella stessa delibera, nel paragrafo 2.1 dedicato alle ‘Procedure’, proprio con l’obiettivo di accorciare il più possibile i tempi di avvio dei cantieri, vista l’emergenza occupazionale in Sardegna.

Insar, invece, ha messo a segno solo un fallimento gestionale restituito dai numeri degli acconti non pagati. Un fallimento gestionale che non potrà non essere considerato a fine mese, quando è convocata l’assemblea straordinaria per discutere l’eventuale messa in liquidazione della società.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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