“Green economy” in Sardegna: attenti all’inganno

Green economy, energia sostenibile, fonti rinnovabili: formule che nell’immaginario comune evocano un mondo pulito e in sintonia con la natura. Ma siamo sicuri che queste parole siano realmente “verdi” e non servano invece a mascherare interventi devastanti per la nostra salute e il nostro territorio? Se lo chiede il collettivo cagliaritano Carraxu che ha dato il via alla rassegna “L’Inganno Verde” sulla speculazione energetica in Sardegna: cinque appuntamenti dedicati a diversi temi, dalla chimica all’eolico, dal gas al fotovoltaico, in cui esperti del settore e comitati locali ci racconteranno gli inganni legati allo sfruttamento dell’ambiente.

Nel primo incontro (che si è tenuto a Cagliari nella sede dell’associazione “Don Chisciotte”), si è parlato di chimica verde e centrali a biomasse: ovvero il binomio agricoltura/industria che, dietro affascinanti slogan, si traduce con “sfruttamento delle zone agricole e inquinamento”.

Nel Nord Sardegna la speculazione “green” si chiama Chimica Verde: il progetto, presentato qualche mese fa da Eni e Novamont come uno dei poli industriali di chimica verde più innovativi al mondo, sarà avviato a Porto Torres entro il 2013. Tra parentesi, a firmare il disegno c’è Paolo Scaroni, amministratore delegato della ENI da poco indagato per corruzione internazionale.

Ma a Porto Torres c’è chi dice no a un intervento che – è questo il timore di quanti si oppongono al progetto – distruggerà un territorio già compromesso da cinquant’anni di scorie e inquinamento: “Porto Torres ha già pagato un prezzo altissimo in termini ambientali e di salute”, hanno sottolineato i rappresentanti del comitato turritano “No Chimica Verde”. “Nel nostro caso non c’è la scelta tra lavoro e salute come a Taranto, dato che al massimo si daranno cinquecento posti di lavoro, a fronte dei ventiduemila disoccupati della zona. E’ sicuramente più realistico lottare perché questi luoghi ridiventino vivibili. Porto Torres è una delle porte della Sardegna sul Mediterraneo e avrebbe un mondo davanti se le scelte del passato non l’avessero annichilita e sottomessa sempre più agli interessi più o meno confessabili di Sassari. Ma è ora di finirla”.

Istanze condivise anche nel Sud dell’isola a proposito della centrale a BioGas di Decimoputzu, che è in costruzione: la Regione ha firmato l’autorizzazione per la “Società Agricola Agrifera” di Milano che gestirà la centrale alimentata da biomasse, con buona pace dei cittadini che avranno a che fare con miasmi e inquinamento dell’aria e della terra.

E la legge italiana sembra non essere dalla parte dei cittadini: la normativa ambientale mette insieme diversi materiali come plastica, legno, carta, residui naturali sotto la stessa etichetta di “biodegradabile o assimilato”, così che le fabbriche possono bruciare qualunque cosa e immettere gas e scarichi nell’aria.

Dietro permessi e licenze non ci sono solo interessi di mercato ma contributi finanziari: la Saras, ad esempio, riceve ogni anno oltre un miliardo di incentivi per l’energia che produce, con le nefaste conseguenze sull’ambiente che stanno sotto gli occhi di tutti. E la Sardegna, rispetto al resto dell’Italia, è fortemente penalizzata, come ricorda Vincenzo Migaleddu della Associazione Medici per l’Ambiente: “Si può morire di Saras? Il tasso di mortalità indicizzato per abitanti è maggiore rispetto a quello che è la condizione del resto della penisola. In Italia un abitante su dieci vive in un sito d’interesse Nazionale, in Sardegna uno su tre»

Gli incontri della rassegna “L’inganno verde” proseguiranno fino ad aprile: venerdì 15 marzo l’argomento sarà il fotovoltaico, il 25 marzo spazio alla discussione sul contestatissimo progetto GALSI, mentre in chiusura, il 5 aprile, si parlerà di centrali eoliche. 

Francesca Mulas

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