Eurostat: 3 stranieri su 4 lavorano. L’Isola prima nella classifica italiana

In Sardegna quasi tre cittadini extracomunitari su quattro hanno un lavoro, il 70,5 per cento. Così è in testa alla classifica europea. È la fotografia scattata da Eurostat con i dati 2018 sul tasso di occupazione degli stranieri nelle differenti regioni Ue. L’Italia, che si ferma al 66,6 per cento, risulta ampiamente sotto la media Ue (del 77,1 per cento) per quanto riguarda i cittadini provenienti da altri Stati Ue. Dato che cresce ed è più alto rispetto a tutti gli altri Paesi europei (59,2 per cento), se si considerano i cittadini extra comunitari, tra loro lavora il 63,4 per cento. Un po’ a sorpresa, a guidare la classifica delle regioni italiane c’è la Sardegna, dove ha un’occupazione il 70,5 per cento degli immigrati provenienti da un Paese extra Ue, il 6 per cento in più di quanto si registrava nel 2017. All’opposto c’è invece il Molise, che è ultimo fra le regioni italiane con il 45,5 per cento degli extracomunitari occupati e il 43,4 per cento dei cittadini Ue (terzultimo peggior dato fra quelli dei territori monitorati).

Secondo una ricerca del Centro Studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Istat ed Eurostat, diffusa due mesi, se l’occupazione negli ultimi dieci anni è in ripresa, sta emergendo l’effetto ‘sostituzione’: si riduce cioè l’occupazione degli italiani a favore di quella dei lavoratori stranieri. “Quel che veramente sorprende è che il recupero del livello occupazionale precedente la crisi sia imputabile solamente ai lavoratori stranieri, mentre gli occupati italiani sono ancora inferiori al livello di dieci anni fa”, aveva commentato Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro. “Ed è anche sorprendente riscontrare che il tasso di occupazione dei residenti extra Ue sia superiore a quello dei nostri connazionali. Queste anomalie dipendono, almeno in parte, dalla disponibilità di questi lavoratori ad accettare occupazioni che ormai gli italiani si rifiutano di prendere in considerazione. Ma questo non spiega tutto. Il nostro mercato del lavoro sconta un disallineamento strutturale tra offerta formativa e fabbisogni occupazionali delle aziende. E i nostri giovani sono costretti a percorsi di studio che li portano a entrare tardi e male nel mercato del lavoro, rimanendo inoccupati per lunghi periodi di tempo”.

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