Case vuote, in Sardegna sono 260mila. Cna: “La soluzione è l’albergo diffuso”

In Sardegna ci sono 261.120 abitazioni vuote: il 28,2 per cento del totale del patrimonio edilizio. Metà dello stock residenziale non utilizzato si trova in nuclei urbani piccoli o piccolissimi. Nell’Isola si contano 143 centri con meno di dieci abitanti e con un numero di case vuote pari a 5.531. Questo dato aumenta sino a 17.191 abitazioni se si considerano i 307 piccoli insediamenti con popolazione compresa tra 10 e 49 residenti. Un patrimonio da valorizzare, secondo la Cna che ha elaborato un dossier e lanciando un appello alle istituzioni sarde per riqualificare questi edifici inutilizzati e destinarli alla ricettività diffusa, un modo per rivitalizzare molti piccoli borghi dell’interno destinati a scomparire nonostante abbiano spesso caratteristiche storico-architettoniche di rilevante interesse.

“L’indotto turistico potrebbe costituire una carta vincente per il rilancio sociale ed economico di molte realtà in declino dell’Isola – spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della Cna -. L’attività di riqualificazione del patrimonio edilizio e degli spazi della vita comune potrebbe rappresentare un’opportunità di lavoro non trascurabile per le imprese artigiane locali”. La Sardegna sta puntando con decisione sul modello turistico della ricettività diffusa. Nell’Isola si contano otto delle 57 strutture riconosciute ufficialmente dall’Associazione nazionale alberghi diffusi: lo stesso numero del Lazio. Fa meglio solo la Toscana con nove. Nel 2018 i 14 alberghi diffusi e gli 80 alberghi residenziali sardi, con una offerta di 14.278 posti letto (l’1,5 per cento delle strutture e il 6,5per cento dei posti letto), hanno accolto 192.756 arrivi e 1.182.513 presenze, pari rispettivamente all’8,1 per cento degli arrivi e l’11 per cento delle presenze complessivamente registrate in Sardegna. “L’albergo diffuso è un modello di sviluppo che non crea impatto ambientale ma contribuisce a recuperare e mettere in rete le strutture esistenti in un territorio – sottolineano Piras e Porcu – Ma questo processo fondamentale per la valorizzazione dei piccoli borghi presuppone un ruolo molto più attivo da parte delle amministrazioni pubbliche locali”.

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