Carbosulcis, liquidità solo per altri due mesi. Poi stipendi a rischio

Stipendi a rischio per i minatori della Carbosulcis di Nuraxi Figus, nel Sulcis. Le casse della società mineraria, il cui unico azionista è la regione Sardegna, sono quasi vuote: c’è una liquidità sufficiente a coprire gli stipendi dei dipendenti per non più di due mesi. L’indiscrezione circolava da qualche tempo. A confermarla è Mario Crò, Segretario generale della Uil del Sulcis Iglesiente.

A far precipitare la situazione finanziaria della società mineraria, già di per sè abbastanza compromessa, è stata l’apertura di due procedimenti di infrazione nel dicembre scorso da parte dell’Unione Europea nei confronti della Regione Sarda per aiuti di Stato alla Carbosulcis. Uno per i finanziamenti dal 1998 (circa 400 milioni di euro) e un altro per il progetto integrato miniera-centrale elettrica e stoccaggio della anidride carbonica nel sottosuolo.

In pratica, se entro il mese di marzo la Regione Sarda non troverà una soluzione economicamente sostenibile agli occhi vigili della Comunità Europea, per i minatori della miniera del Sulcis, unica miniera italiana rimasta ancora in attività, si aprirebbe lo scenario ormai ben noto in questo territorio: l’apertura delle procedure per la cassa integrazione o, peggio ancora, la mobilità in deroga per i circa 450 dipendenti.

Con una nota congiunta dell’11 gennaio scorso indirizzata al presidente Cappellacci e all’assessore regionale all’industria Alessandra Zedda, le segreterie regionali e territoriali di categoria (Filt-Cgil, Femca-Cisl e Uil-Cem) hanno constatato che il progetto integrato miniera-centrale predisposto dalla società Sotacarbo non ha incontrato il consenso né del Governo nazionale né dell’Unione Europea avendo sollevato forti perplessità in merito al costo del finanziamento pubblico occorrente stimato in circa un miliardo di euro. Tale finanziamento, viene chiarito, non può in alcun modo essere utilizzato per la gestione della miniera (i regolamenti comunitari lo vietano), la cui contabilità e il bilancio devono essere, a regime, in equilibrio economico.

I sindacati quindi riaffermano con forza la necessità di un progetto industriale credibile che elimini il ricorso agli aiuti di Stato, portando la contabilità della miniera ad un sostanziale pareggio di bilancio. E suggeriscono, per giungere a questo risultato, la collocazione della produzione di carbone, anche miscelato a quello di importazione, a tutte le centrali italiane, quindi non solo la centrale Enel di Portovesme. Questo obiettivo, si afferma nella nota, può essere facilmente ottenuto applicando all’Italia le stesse norme già in vigore negli altri paesi dell’Unione (priorità di “dispacciamento in rete” per l’energia prodotta con fonti nazionali) con costi per lo Stato decisamente inferiori di quelli previsti dal progetto Sotacarbo. Insomma la soluzione per riportare la miniera della Carbosulcis a livelli di gestione normale (arrivando perfino al fatidico pareggio di bilancio) parrebbero a portata di mano.

Nella nota sindacale inoltre si evidenzia con forza che ci sono progetti, come quello della “lisciviazione del carbone”, cioè l’asportazione delle impurezze, in particolare lo zolfo, che potrebbero portare un immediato beneficio alle casse dell’azienda e che invece giacciono nei cassetti ormai da anni senza mai aver avuto alcuna motivazione in merito.

C’è voluto l’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per evitare che il 31 dicembre si compisse la tragedia della caduta della ragione sociale della Carbosulcis. I nodi però non sono affatto sciolti perché le tecnologie per la depurazione del carbone esistono, ma costano e lo stoccaggio dell’anidride carbonica nel sottosuolo è caro e complesso.

“La grave situazione economica della miniera – afferma Mario Crò – è figlia di un sostanziale immobilismo della politica ai vari livelli. Ecco perché la nostra posizione è di totale rifiuto di uno scenario che preveda la messa in cassa integrazione degli operai della miniera. Chiediamo invece con forza che venga dato seguito al protocollo d’intesa che prevede lo sviluppo di un polo tecnologico per la ricerca applicata sui trattamenti del carbone finalizzato alla produzione di energia pulita utilizzando il carbone Sulcis”.

Carlo Martinelli

 

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