L’accordo sul prezzo del latte ovino, siglato lo scorso 8 marzo, “non è censurabile”. Lo ha scritto l’Antitrust che si è espressa su una richiesta di valutazione circa la possibilità che l’intesa falsasse la liberà concorrenza. I dubbi erano legati al fatto che non solo si è stabilito un prezzo minimo, pari a 74 centesimi, ma l’eventuale ritocco di novembre, attraverso il conguaglio, verrà fatto in base al costo del pecorino romano. Quindi se le quotazioni del formaggio saranno aumentate, anche il prezzo del latte salirà.
“Gli accordi raggiunti presso la Prefettura di Sassari – hanno scritto dall’Antitrust -, seppure si configurino astrattamente quali intese restrittive della concorrenza”, sia con riferimento a un prezzo di acquisto, sia in relazione alla fissazione di un costo all’ingrosso del Pecorino romano “non appaiono nello specifico caso concreto censurabili, in quanto non sono frutto di autonome scelte imprenditoriali dei soggetti coinvolti”.
L’Autorità per la concorrenza ritiene però che “nel solco delle riforme già adottate da Governo e Parlamento, si potrebbero ipotizzare diversi interventi volti ad una ristrutturazione e razionalizzazione del comparto primario dell’allevamento ovino, che appare eccessivamente frammentato, in modo da raggiungere maggiore efficienza, organizzazione e competitività delle imprese”. In particolare secondo l’Autorità “le imprese di allevamento
potrebbero poi essere coinvolte nella pianificazione dell’offerta del Pecorino romano Dop, attraverso un ripensamento delle previsioni del Piano di regolazione adottato dal Consorzio di tutela”.