Teatro, a Nuoro Caterina Murino tra le inquietudini di “Doppio Sogno”

L’apertura della stagione teatrale ha visto, ieri sera a Nuoro, il pubblico delle grandi occasioni. Il Teatro Eliseo è stato riempito in ogni ordine di posto per vedere dal vivo un cast di prim’ordine della compagnia Molière.

Sul palco Ivana Monti, Caterina Murino, Giorgio Lupano, Rosario Coppolino, impegnati in ‘Doppio Sogno’ di Arthur Schnitzler, racconto reso famoso al grande pubblico per l’adattamento cinematografico di Stanley Kubrick ‘Eyes wide shut’, del 1999.

In effetti gli ingredienti per l’inaugurazione al meglio della Stagione di Prosa c’erano tutti. Grandi nomi, cast internazionale, incontro pubblico a Casa Rosas nel pomeriggio con gli attori, l’esperimento dell’adattamento in teatro di un racconto difficile da mettere in scena, specie dopo l’esempio fatto nel grande schermo del maestro Kubrick. Eppure il ‘Doppio sogno’ di Giancarlo Marinelli, sceneggiatore e regista, non è lo stesso di ‘Eyes wide shut’. Si mantiene la caratterizzazione originale del luogo, Vienna, ma si sceglie una scenografia essenziale, moderna, piuttosto sintesi delle due ambientazioni, del racconto originale e del film. Vi sono poi variazioni alla trama, aggiunte di personaggi. Il suo è un gioco continuo tra passato e presente, onirico e reale, tragico e ludico, in cui i sogni si tramutano in azioni e paure concrete: “Cercavo un testo – dice – che avesse la caratteristica di darmi la possibilità, come drammaturgo e regista, di creare personaggi multipli per i miei attori. E di fatto è proprio un Teatro Multiplo. La storia è tante storie – continua Marinelli -, la verità è tante verità. L’amore, la morte, il senso di colpa, il peccato, il riscatto, affiorano tutti insieme”.

È anche un teatro psicoanalitico, in cui le teorie di Freud, all’interno del rapporto di coppia, permettono di esplorare la mente del singolo. Le certezze del dottor Friedolin (Giorgio Lupano) sposato con Nicole (Caterina Murino), dedito alla cura dei suoi pazienti, ma inevitabilmente fallace con le sue diagnosi che portano a conseguenze irreparabili, cadono tutte davanti alle confidenze della moglie. In questo si inserisce l’insidiosa figura della suocera (Ivana Monti) tesa a dividere la coppia, più che unire. Il riflesso di questo per Friedolin è devastante. Il medico è messo davanti a paure che rivelano sempre più tutte le conferme del disastro su cui si regge la società viennese d’inizio secolo. Apparentemente dorata, eppure avvolta in un abisso morale che coinvolge tutta l’elìte alto-borghese della città. Il medico Friedolin entra così, in una sola notte, in un labirinto da cui è difficile uscire. La crisi morale della coppia diventa crisi morale della società, che costantemente si auto-assolve dietro una maschera, accusando le inevitabili mancanze degli altri solo quando viene minacciata d’essere smascherata. È un’organizzazione senza scrupoli, pronta a soddisfare i suoi appetiti più bassi, ad insabbiare ogni cosa pur di mantenere il proprio status, anche quando intorno ad essa ruotano misteriose sparizioni di bambini. Si apre così uno squarcio terribile sulla vita nascosta di potenti che vivono all’interno di un’organizzazione blindata, rappresentata come una setta, inespugnabile al singolo, il quale reagisce d’istinto poiché còlto dalla perdita dei propri affetti. Le certezze franano lentamente in un turbinio di azioni che lo coinvolgono direttamente, divorando il suo stesso desiderio d’innocenza. E così entra in un circolo vizioso che, insieme all’autocoscienza, sfiora la schizofrenia. Il senso di smarrimento diventa infine accusatorio delle proprie omissioni nei confronti dei suoi doveri di padre e di marito. Il male a cui si oppone, infine, davanti a questa evidenza, schiaccia ogni ingenua velleità d’essere contrastato. Al dottor Friedolin, dunque – conscio di questo – non resta che l’impegno per la cura e la difesa dei propri affetti. Eppure – a fine nottata – proprio quella minaccia non fa che rafforzare e confermare l’amore di coppia.

La pìece è stata molto apprezzata. La scrittura di livello è stata capace di dettare tempi ed incroci di trame molto efficaci. Una regia dinamica che però urta con una scenografia piuttosto ingombrante, a tratti goffa nei meccanismi di cambio scena (il vero problema per un testo di questo tipo). Lenta al punto da influenzare modifiche al testo con le risoluzioni di una ‘ripetuta’ interruzione fittizia dello spettacolo, discutibile sulla presa del pubblico, che viene ‘rimproverato’ di prestare poca attenzione allo show. Eppure la visibilità, la qualità, lo spessore degli attori coprono anche esperimenti di metateatro poco riusciti. Apprezzabile, infine, la scelta del Cedac di portare in tournée, ad apertura della Stagione, produzioni di rilievo anche nei teatri dei piccoli centri della Sardegna.

Dopo il debutto nuorese, lo spettacolo, portato nell’isola all’interno del cartellone “Giù la maschera” del del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo del CeDAC, andrà ancora in scena questa sera a Santa Teresa di Gallura, venerdì a San Gavino Monreale e sabato sarà a Tempio Pausania.

Davide Fara

 

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