In scena “Titu Andronicu” di Monachella: “Il pubblico assaporerà la ferocia”

Corpi squarciati, amputati, macellati. “Tito Andronico” è una tragedia fatta letteralmente di sangue e carne. Si nutre di quel sangue per placare una sete di potere senza fine in cui la violenza fa da motore tritatutto, veicolando ambizioni personali e catastrofici girotondi che tingeranno di rosso una storia e i personaggi a lei legati. Rimane tutt’ora, a dispetto di altri capolavori come “l’Amleto” o soprattutto il “Macbeth”, il lavoro più sulfureo di William Shakespeare, come una sorta di puzzle volutamente scombinato in cui l’autore ha riversato la propria furia. Un’opera d’esordio che ha già al suo interno tutte le caratteristiche che poi esploderanno con i grandi drammi del periodo successivo.  Da questo magma ribollente, Daniele Monachella ne ha tratto una sua versione, Titu Andronicu-Sa modadura” che andrà in scena stasera alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e il 4 aprile, sempre alla stessa ora, al Massimo di Cagliari.

 

Si tratta di una visione che, già dal titolo, trasporta la vicenda originaria dalla Roma tardo imperiale alla Sardegna, trasfigurata però in un non luogo desolato e deturpato dall’uomo. In questo modo la lotta per il trono tra Saturnino e Bassiano e la vendetta di Tamora nei confronti del generale Tito diventano il paradigma della brutalità più animalesca.

“Voglio che il pubblico alla fine dello spettacolo si chieda: perché così tanta ferocia”; così spiega Monachella, presentando alla stampa il suo spettacolo. Non aspettatevi però particolari splatter come ad esempio nella versione cinematografica che ne ha fatto Julie Taymor con Anthony Hopkins e Jessica Lange, la crudeltà di molte scene verrà, infatti, caricata di grottesco per mostrare in maniera ancora più plateale la sua stessa irrazionalità e insensatezza. L’uso del sardo, al posto dell’italiano, servirà a trasferire anche nelle singole parole, l’asprezza di questa disumanità: “Avevo iniziato l’adattamento in italiano – rimarca Monachella – ma non riusciva a funzionare, così ho deciso di provare a tradurre qualche parte in sardo e mi sono reso conto che il testo ne veniva addirittura rafforzato. Perciò ho chiesto l’aiuto a Mauro Piredda per trasporre tutto in sardo, usando la ‘Limba sarda comuna’, fino ad ora utilizzata esclusivamente nei documenti ufficiali della Regione Sardegna”.

Un approccio questo, che ha allo stesso tempo stimolato e messo a dura prova il cast, come hanno rimarcato Vanni Fois e Silvano Vargiu che interpretano rispettivamente Tito e Saturnino: “Il sardo mi ha dato maggior libertà di espressione – dichiara Fois – e mi è servito anzi per approcciarmi meglio al personaggio, per esplorarlo in tutte le sue sfaccettature più nascoste”; mentre per Vargiu: “È un po’ come una sorta di esperanto sardo che mescola suoni nuoresi e galluresi. L’approccio è uguale a quando si impara una lingua straniera e non è stato per niente facile, perché all’inizio non capivo bene ciò che stavo dicendo, poi però ci sono entrato in sintonia totalmente”.

 

L’approccio generale di “Titu Andronicu” sarà oltretutto qualcosa di più vicino ad un film che non alla prosa:  “Il testo è di fatto un archetipo di una sceneggiatura cinematografica, dove la parola è agita, messa in atto, pertanto – evidenzia ancora Daniele Monachella – ci saranno dei veri e propri quadri scenici rielaborati attraverso video e musica, in completa multimedialità. Sarà di fatto un racconto dal sapore antico dove riti del caos, maschere ambigue, elementi della natura e canti apotropaici muteranno in forme dai connotati moderni e daranno vita al ciclo della carne da segare”.

 

Francesco Bellu

 

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