Teatro Lirico, dopo la bufera spazio al grande spettacolo. Va in scena la passione di “Otello” firmato Nekrosius

L’ Otello e l’inferno delle passioni, fino al 10 maggio, al Lirico di Cagliari. Un’opera che ben si presta al clima infuocato che ha caratterizzato in questi ultimi mesi le diverse anime del teatro di via Sant’Alenixedda. La furia scatenata degli elementi e la purezza che ne consegue, ben sintetizzano una stagione che, dopo la nomina della sovrintendente Marcella Crivellenti, si potrebbe considerare (ma il condizionale è assolutamente d’obbligo) finalmente archiviata.

Ad inaugurare la stagione operistica del teatro, è stato scelto uno degli ultimi capolavori di Giuseppe Verdi, di cui quest’anno si celebra il bicentenario della nascita. Sono ore di trepida attesa dietro alle quinte, accentuate dalla presenza di Nekrosius, uno dei più grandi registi della scena mondiale, al suo secondo lavoro in terra sarda. Raggiungere il maestro, figura schiva e poco incline alle interviste, è impresa praticamente impossibile. Di lui, e del suo modo dirompente di fare teatro, ci hanno raccontato il direttore d’orchestra, il milanese Giampaolo Maria Bisanti, l’assistente personale, Jurate Sodyte,  e il caporeparto sartoria Beniamo Fadda. Sono parole di grande entusiasmo, che puntano allo stile assolutamente personale del maestro lituano, i cui spettacoli visionari e passionali ne hanno fatto un vero e proprio fenomeno di culto.

Bisanti, 40 anni, milanese, è la bacchetta che questa sera, fino al 10 maggio, dirigerà l’orchestra e quell’enorme specchio delle passioni umane descritte da Shakespeare e riprese da Arrigo Boito nella rilettura dell’opera.

Maestro, il teatro esce sfiancato da un lungo braccio di ferro tra i lavoratori e il presidente della Fondazione Massimo Zedda. Come ha trovato l’orchestra?
Conoscevo questo teatro per nomea, l’eccellenza dei suoi musicisti è nota in tutta Italia. Ammetto che mi interesso poco alle polemiche. Stiamo lavorando in buca con gli orchestrali dall’11 di aprile e ho trovato una professionalità che giorno dopo giorno si è trasformata in stima reciproca. La tecnica è incredibilmente elevata e il suono bellissimo, pulito, straordinario.

Cosa apprezza maggiormente dell’Otello?
E’ un’opera che si colloca nella produzione finale verdiana, la più elaborata dal punto di vista della partitura e drammaturgia, renderla in musica è uno strepitoso esercizio. Verdi nel suo ultimo periodo diventa quasi didascalico, un po’ come accadde a Puccini negli ultimi anni. Ho voluto fare un lavoro di scrematura dei cliché arcaici, restituendone la freschezza.

Pensa di esserci riuscito?
I personaggi verdiani sono sempre molto scanditi, occorre saperne utilizzare e rispettare le voci. Per rivelare Verdi, è sufficiente che le sue indicazioni vengano profuse al massimo, come quando sulla partitura annota ad esempio “con voce soffocata” o “con grande espansione”. Le sue didascalie sono preziose pedine all’interno di un mosaico. Verdi apre a una fase che io considero avveniristica, sinestetica: si “sente” la voce e si “vede” il personaggio.

Un’opera difficile per i giovani cantanti?
Sono giovani ma bravissimi. Con parti che fanno tremare i polsi: il tenore è spinto, il baritono non può permettersi una sbavatura. E poi c’è il coro, sempre presente in scena, un complesso di ottanta voci. Sono rimasto stupefatto dalla loro professionalità.

La regia dell’Otello è firmata da Nekrosius, un maestro del teatro mondiale. Come è stato lavorare al suo fianco?
Nekrosius cerca un Otello introspettivo, crepuscolare, e lo fa tramite una regia complicata e al tempo stesso naturale, molto affascinante: c’è una ricerca ossessiva degli effetti psicologici, dei movimenti e delle espressioni dei personaggi che denota una grande conoscenza della partitura. Nonostante la sua presenza sulla scena,  sembra sempre altrove, vuoi per la lingua, il lituano, vuoi per il suo carattere totalmente schivo. L’ho trovato elegante, un cavaliere d’altri tempi.

Una regia griffata che ha interferito con la direzione musicale?
Al contrario, è nata una simbiosi tra musica e scena che mi ha molto arricchito.

Da spettatore, a chi consiglia lo spettacolo?
In particolare ai giovani, talvolta intimoriti dal peso di Verdi e del Bardo: l’Otello che vedranno sul palco è un sogno notturno che incanta: si passa dall’amore al rimorso, dalla follia al lutto. E’ una fortuna indicibile che in Italia si possano vedere spettacoli così: semplicemente imperdibili.

Donatella Percivale

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