Michela Murgia in libreria col pamphlet ‘Istruzioni per diventare fascisti’

Michela Murgia torna in libreria con un nuovo e provocatorio pamphlet edito da Einaudi e intitolato ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Sono 112 pagine già diventate un caso nazionale. Il libro si conclude una raccolta di sessantacinque frasi, luoghi comuni e slogan che valgono il test ribattezzato ‘Fascistometro’.

Intervistata da Giovanni Floris nel nel salotto di DiMartedì, la Murgia ha detto: “In Italia non c’è il rischio di una deriva fascista, piuttosto la deriva stessa è in atto”. Per la scrittrice sarda tutto è iniziato quando “il linguaggio ha cominciato a cambiare e il nostro modo di stare assieme ha assunto una forma che la nostra democrazia e la nostra Costituzione negano come possibile in questo Paese”. La Murgia ha poi spiegato cosa intende per “fascista”, sottolineando: “Se dovessi aprire dal discorso ideologico, sarebbe tutto già chiaro. Il fascismo ideologico è quello è storico. Ma pochi lo dicono. Pochi dicono ‘io mi riconoscono nelle legge razziali’ o in una certa idea di nazionalismo. Se invece il fascismo viene trattato come un metodo, come un modo di stare quotidianamente nella vita politica e nella vita sociale, si comprende che quel metodo può appartenere a un sacco di persone”.

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Quindi la scrittrice cita la vignetta di Mauro Biani, usata nella copertina del suo libro e accompagnata dalla frase “Fascista è chi il fascista fa”, frase diventata il sottotitolo del libro della Murgia. Che sul punto ha osservato ancora: “Io non accetto più che qualcuno dica, davanti a una bestialità, che non va presa sul serio perché è una provocazione. Ma cosa vuol dire l’espressione ‘è una provocazione?’. Non si può accettare che Calderoli abbia detto orango alla Kyenge perché significa legittimare a livello istituzionale una denigrazione in base al colore della pelle”. In questo, per la Murgia, il linguaggio “tende a “uniformarsi tra tutti i leader e non si fa più critica politica: non c’è più moltissima differenza tra chi dice ‘ruspa’ e chi dice ‘rottamiamoli’. Perché tutti e due descrivono l’altro, l’avversario, il nemico, come un un rifiuto da cui liberare la strada. C’è l’idea di sgomberare il campo, di liberarsene”.

La Murgia è quindi entrata nel merito delle parole usate oggi e ha detto: “Leader e capo non sono sinonimi. Il primo è colui che dovrebbe ispirare, il secondo è uno che detta le regole. Al leader lo si segue, al capo ci si sottomette. C’è proprio un meccanismo gerarchico molto diverso. Il leader può essere messo in discussione dalle stesse persone che dovrebbe guidare, con revoca del consenso che non è mai dato una volta per tutte; nel caso del capo no, è un meccanismo paternalistico, ci si affida all’uomo forte e ci si riconosce comunità debole. Io preferisco avere capo debole e riconoscermi in una comunità forte”.

 

 

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