A Martis si progetta la vita dopo il petrolio. Con un festival cinematografico

Dieci cortometraggi, nove documentari, due pellicole fuori concorso e, ancora, laboratori didattici e concerti per prepararsi alla vita dopo il petrolio. Succede a Martis, piccolo centro in provincia di Sassari che ospiterà la prima edizione del ‘Life after oil film festival‘, la nuova sezione del ‘Sardinia film festival’ in programma dall’1 al 3 agosto.

“Questa rassegna nasce con il proposito di individuare le alternative possibili all’energia prodotta tramite i combustibili fossili”, spiega Massimiliano Mazzotta, regista dei film ‘Oil’ e ‘Oil – Secondo tempo’ sulla Saras dei fratelli Moratti e direttore artistico del festival. “Certo, non mancherà la denuncia, ma il messaggio è ‘impariamo noi a progettare il nostro futuro’”. Partendo naturalmente dalle criticità ambientali e sanitarie causate dalla combustione di petrolio, gas e carbone. E a Martis la progettazione di un modello di produzione sostenibile fa rima con pellicole e workshop sull’energia.

Qualcosa di più di un semplice festival, dunque. Piuttosto, un’occasione per indagare il futuro a partire da un dato di fatto, l’ineluttabile esaurimento delle risorse di idrocarburi. E in ogni caso una manifestazione strettamente legata all’attualità. La scelta di Martis non è infatti casuale: la minaccia dalle trivelle della Geoenergy s.r.l, che un po’ in tutta la Sardegna vorrebbe andare a caccia di risorse geotermiche, è arrivata anche qui. “Oltre lo spettacolo, per il nostro piccolo centro l’evento sarà anche il consolidamento di un programma denominato ‘Martis’, iniziato qualche anno fa contro i progetti che non lasciano nessun tipo di ricchezza al nostro territorio e mettono in serio pericolo la qualità dell’ambiente e dunque della salute”, spiega il sindaco Tiziano Lasia.

Si parte domani 1 agosto alle 21.30 all’insegna dell’animazione 3d con la pellicola fuori concorso “Im”, che trasporterà gli spettatori in una fabbrica del futuro. Ma l’attesa è tutta per “Terra Nera”, il documentario con cui i registi Simone Ciani e Danilo Licciardello propongono una riflessione sui danni causati dalla corsa agli idrocarburi di Eni e Shell in Congo e Canada.

Tra le pellicole in programma il 2 spiccano il documentario ‘Green Lies’ di Andrea Paco Mariani e Angelica Gentilini, che denuncia l’uso speculativo delle fonti rinnovabili, e ‘Introspection’ del quindicenne Francesco Stefanizzi, uno dei lavori che meglio illustrano lo spirito della rassegna.

Come reagirà l’uomo quando si accorgerà che i beni, come in questo caso petrolio e derivati (energia elettrica), stanno man mano esaurendosi? Questa è la domanda a cui il giovane regista cerca di rispondere. Ebbene, la fine del petrolio non è necessariamente un male se coincide con la riattivazione di quei legami di comunità che proprio il modo di produzione basato sugli idrocarburi ha spazzato via. Insomma, la pellicola è un invito a costruire un mondo di relazioni: è questo il frutto maturo della ricerca interiore favorita dalla fine del petrolio.

A Martis, tuttavia, non ci saranno solo film. Infatti, s’incomincerà a tracciare le coordinate di quest’altro mondo possibile che ha trovato la sua temporanea dimora nel piccolo paese dell’Anglona anche nel corso dei laboratori didattici. Il primo sarà dedicato alla presentazione di un progetto pilota per la Regione Sardegna per la produzione del 100% del suo fabbisogno elettrico attuale da fonti rinnovabili. Alla relazione del professore di Astronomia e Astrofisica dell’Università di Cagliari Luciano Burderi seguirà poi il laboratorio degli architetti Maura Serra e Gabriele Culotta sulle costruzioni in terra cruda. Partendo dall’analisi tattile, visiva e olfattiva del materiale, verrà realizzato l’elemento base di una costruzione tipica della tradizione sarda, il mattone in terra cruda.

Come a dire, qualche risposta agli interrogativi posti dalla vita dopo il petrolio è già a portata di mano.

Qualcun’altra, invece, la si può trovare nel passato della Sardegna, sostengono gli organizzatori del festival. “La Carta de Logu ci insegna quanto i nostri predecessori avessero attenzione e cura dell’ambiente, dividendo il territorio in base alle zone destinate all’agricoltura (biddazone) e alla pastorizia (paberile) e quanto fosse considerato grave appiccare incendi e sporcare le acque. Le regole nell’impiego delle risorse naturali di un territorio sono alla base delle relazioni tra le donne e gli uomini, tra le attività e le occupazioni; tutto ciò crea l’economia, la cultura, la lingua del luogo e del popolo che vi dimora”, si legge nel catalogo della rassegna.

Piero Loi

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