“L’Opera al Nero” di Pietro Sedda illumina la Pinacoteca di Oristano

Sarà inaugurata venerdì 2 novembre (ore 18.30), negli spazi della Pinacoteca “Carlo Contini” di Oristano la mostra Pietro Sedda, L’Opera al Nero 1998-2018, a cura di Ivo Serafino Fenu e con la complicità di Francesca Alfano Miglietti (FAM). Si tratta della prima grande antologica dedicata all’artista oristanese Pietro Sedda, tra i più apprezzati tatuatori in ambito internazionale e, contestualmente, artista visivo raffinato e concettualmente complesso.

Una vicenda artistica, quella di Pietro Sedda, che ha il corpo come soggetto e oggetto d’indagine, in un sincretismo che coniuga Oriente e Occidente, un’arcaica cultura metropolitana e una futuribile visionarietà tribale, che lega spiritualità ed eros in una liturgia ora ludica ora funerea, per una surrealtà che ridefinisce e risemanticizza il corpo stesso: un corpo, elevato a semovente e urticante “sacra rappresentazione”, al limite della blasfemia. Con oltre 80 opere tra pitture, polimaterici, disegni, fotografie e video, molte delle quali inedite, la mostra ripercorre vent’anni di un’attività artistica, un’opera la nero dalle valenze fortemente pittoriche, a prescindere dal medium utilizzato, che si nutre di una tradizione iconografica plurimillenaria eppure aperta a un futuro misterioso e per nulla rassicurante, con una prassi che rende il corpo opera unica e irripetibile.

Come scrive Ivo Serafino Fenu, riprendendo il titolo di un grande romanzo di Marguerite Yourcenar: “Quella di Sedda è un’opera al nero, un nero che percorre i vent’anni di attività raccontati in questa mostra: segno nigro che unisce le sue prime opere pittoriche di fine anni Novanta, aggressivamente espressionistiche e prossime a certo graffitismo metropolitano –, ai tatuaggi di oggi, che segna i corpi e che, al di là del dato estetico e della sua reale presenza nelle opere, diventa epifania di una condizione mentale ed esistenziale. “Nel segno del nero – con un’operazione di pura marca situazionista e mediante spericolati interventi di parassitismo estetico alle spalle di altri artisti –, nasce Pietrolio, un nom de plume che combina il vero nome dell’artista con funeree citazioni dell’ultimo Pasolini. Eros e Thanatos sono le polarità che l’attraggono: nelle sue “scorrerie” ci fa penetrare nei meandri del sesso fai-da-te apertisi nell’era di internet, utilizzando una grammatica visiva al contempo elementare e sofisticatissima. Il suo stile pittorico si muove con disinvoltura fra una dimensione fumettistica e certe atmosfere prossime alla Bad Painting inglese, ma non mancano dotte e ironiche citazioni della pittura pompier, della quale fa suo il gusto per una pennellata morbida, ricca di preziosismi stilistici che amplificano il velato erotismo di cui è intrisa, piegandola alle perversioni dell’oggi, compreso il rapporto complice e fatale tra vittima e carnefice. Fachiri, Follicoli, Falene, sono freaks, in linea col film del regista Tod Browning del 1932, figure morbose quali possono essere quelle create da un “fanciullino” insieme candido e perverso. Sono personaggi “ibridi” che, con una sorprendente continuità, popolano attualmente i suoi tatuaggi”. La mostra, prodotta dal Comune di Oristano – Assessorato alla Cultura col contributo della Fondazione di Sardegna e in collaborazione con la Fondazione Sa Sartiglia, è la prima grande antologica dedicata all’artista oristanese Pietro Sedda e rimarrà aperta fino al 6 novembre.

Nota biografica

Pietro Sedda nasce a Cagliari nel 1969, cresce a Oristano dove si diploma presso l’Istituto d’Arte nel 1989, si iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, dove si laurea in Scenografia nel 1995. Dopo le prime esperienze individuali in campo artistico e nel design di interni forma, sul finire degli anni ’90, assieme a Francesco Toreno e Lavinia Flora, il gruppo Craftwork e partecipa a numerose mostre in Sardegna e nella Penisola.  Nel 2000 inventa il suo alter ego Pietrolio – di nero vestito, con una maschera di pelle dall’inquietante sorriso dipinto – in sella a una piccola bicicletta sempre nera, compie una serie di incursioni non autorizzate nelle inaugurazioni di mostre altrui: invasioni funzionali alla promozione delle sue opere in un’operazione di vero e proprio parassitismo estetico scientemente programmato. Nel 1999 inizia a tatuare, dapprima alcuni amici e, l’anno seguente apre il suo primo studio a Oristano. Si sposta poi, nel 2004, a Londra, e successivamente a Urbino (2006), per poi approdare nel 2010 a Milano, dove attualmente vive e lavora. Qui apre lo studio di tatuaggio The Saint Mariner. guadagnarsi la fama di uno dei più rappresentativi esponenti del settore in campo internazionale. Superata la breve parentesi segnata dall’esperienza legata al personaggio Pietrolio, Pietro Sedda, presegue nella sua attività d’artista con un approccio quanto mai inclusivo e polimorfo collaborando in veste di artista visivo con numerosi marchi e aziende. Tra le collaborazioni più recenti quella con il salone milanese GUM, per cui ha disegnato il packaging in edizione limitata di alcuni prodotti per la cura della barba, quella con la casa automobilistica BMW, per la quale ha “tatuato” cinque esemplari della X2 Rebel Edition e quella l’azienda di design danese Fritz Hansen. In occasione del rilancio della sedia 3130 nella versione originale con le gambe in legno, meglio nota come “Grand Prix” e progettata nel 1957 da Arne Jacobsen, il designer Diego Grandi propone infatti a Pietro Sedda di tatuarne 9 esemplari (7 in legno e 2 in pelle) da vendere all’asta, poi protagonisti dell’evento di beneficenza Fantastic wood – Short novels for chairs.

 

 

 

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