La sessualità spesso negata ai disabili: ‘Mark’s diary’ di Coda afferma il diritto

Reduce dall’Omovies film festival” di Napoli, dove ha vinto il primo premio come miglior lungometraggio di fiction, ‘Mark’s diary‘ di Giovanni Coda è stato presentato a Cagliari, al cinema Odissea, lo scorso 20 dicembre. La serata ha registrato un’affollata presenza di pubblico, e molte persone non sono riuscite a entrare. Il film è stato introdotto da Nevina Satta, direttrice della Film commission Sardegna che ha sostenuto la produzione, e dal regista cagliaritano che, soddisfatto e emozionato, al termine della proiezione risposto alle domande degli spettatori.

L’attenzione per ‘Mark’s diary’ è giustificata, perché si tratta di un lungometraggio che con tratto poetico affronta un tema complesso come la sessualità dei disabili. Ispirato al libro Loveability di Maximiliano Ulivieri (che è uno degli interpreti), la pellicola di Coda è il frutto di un approfondimento sul tema insieme a esperti psicologi, sessuologi, educatori. Tanto che l’Università di Derby, in Inghilterra, ha deciso di partecipare alla produzione insieme alla associazione Labor e Cemea della Sardegna.

Non si tratta, però, di un documentario; Coda affronta il tema secondo le sue caratteristiche estetiche. Se l’eredità della sua lunga e importante esperienza come videoartista rimane evidente, ‘Mark’s diary’ abbandona qualsiasi cripticità per arrivare direttamente al cuore e alla mente dello spettatore, guidato dalle voci fuori campo che raccontano, servendosi dei testi di Ulivieri, testimonianze accorate di chi vuole amare anche con il corpo limitato dall’handicap. Come ha affermato in diverse occasioni il regista. “La società – ha sempre detto Coda – si sforza di venire incontro alle persone con disabilità per ogni loro bisogno che non possa essere svolto in autonomia. Le  aiutiamo a vestirsi, spogliarsi, mangiare, lavarsi. Diamo loro carrozzine elettriche per muoversi, macchine con comandi speciali, computer dotati delle più sofisticate tecnologie. Eppure di tutti questi diritti, di cui nessuno metterebbe in dubbio la legittimità, ce n’è uno che viene sistematicamente taciuto, omesso, rimosso: è quello della sessualità. Toccare ed essere toccati, necessità naturale per chiunque, diventano questioni scabrose, disturbanti, scomode, se riferite alle persone con disabilità”.

Infatti, nella complessa morale del presunto politicamente corretto, i disabili sono “angeli asessuati”, sono – citando sempre le parole di Giovanni Coda – “eterni bambini” che non avrebbero bisogno di tenerezza, anche fisica. Il regista, nel film, risolve l’inquietudine dei due protagonisti con handicap servendosi del livello onirico, in cui la coppia è sublimata da avatar che si possono amare con libertà e passione.

Danzatori (molto intense le coreografie firmate da Donatella Deidda e Giovanna Stancapiano) e circensi saldano questo patto emotivo attraversano l’inconscio dei protagonisti, aprono un varco tra realtà e sogno. Questo contesto non è astratto, però, per cui lo spettatore riesce a capire, senza discorsi retorici o complicati, l’assunto del problema. Ovvero, come è stato affermato, che “l’assistenza alla sessualità a persone con disabilità rappresenta un concetto che racchiude allo stesso tempo rispetto e educazione, diritto alla salute e al benessere psicofisico”.

Si è detto che ‘Mark’s diary’ è una produzione anglo-italiana, per cui è stato girato in inglese (Giovanni Coda ha ipotizzato anche una eventuale versione in italiano), con un cast misto, sempre convincente, in cui si alternano, nelle parti principali, Mark Cirillo, attore americano con una notevole esperienza televisiva, Caleb J. Spivak, il già citato Maximiliano Ulivieri e Giacomo Curti. Molto interessante e efficace la colonna sonora che vede alternarsi tre musicisti: Andrea Andrillo (toccanti le sue cover di Jim Morrison e di Fabrizio De Andrè), Cosimo Corleo e Arnaldo Pontis, consueto collaboratore di Coda, di cui interpreta con acutezza la sensibilità musicale. ‘Mark’s diary’ dimostra l’importanza nel cinema delle varie componenti artistiche, non ultimo il montaggio, in questo caso fondamentale per saldare gli universi dei protagonisti e della loro visionarietà, realizzato dal bravissimo Andrea Lotta.

Ma quale sarà il cammino di ‘Mark’s diary’ nel confuso mondo distributivo italiano? Lo troveremo sicuramente in sala, ma, come altri film di Coda, il suo percorso sarà alternativo: vivrà nei festival, nei musei, nei centri culturali. Così, nel febbraio del 2019 sarà al Macro di Roma, presentato da Adriano Aprà, all’interno di una monografica dedicata al regista sardo e nei giorni successivi avrà un’istallazione, curata da Roberta Varrali, nella black room del museo. L’anteprima internazionale del film sarà invece ad Amsterdam nell’ambito del ‘New renaissance film festival’, dove si è già aggiudicato la sezione ‘Film of the week’.

Elisabetta Randaccio

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