La poesia apre le porte del carcere: Marc Porcu fra i detenuti di Buoncammino

“Un giorno qualcuno troverà la soluzione ai problemi del mondo e ricordate, sarà un poeta, non uno scienziato”. Queste parole di Frank Lloyd Wright, famoso architetto americano, ci ricordano che la poesia è un’arte potente e rivoluzionaria. Le sue rime, ora leggere come piume, ora pesanti come pietre, riescono a penetrare nel profondo dell’uomo, a scardinare le porte dei sentimenti, a dare voce ai senza voce. E qualche volta riescono ad aprire, per un giorno, le porte blindate delle carceri. Lo ha fatto Marc Porcu, poeta francese di chiare origini sarde, traduttore di scrittori come Sergio Atzeni e Flavio Soriga, che ha scelto il carcere di Buoncammino per presentare la sua raccolta antologica “Le cri de l’aube” (L’urlo dell’alba), edito da CUEC.

La storia di Marc è un romanzo. Suo nonno, “Ciu Grillu”, pescatore di Sant’Antioco, reduce della Grande Guerra, tenace antifascista, una mattina del 1930 caricò la sua famiglia sulla sua piccola barca e, senza paura, fece rotta verso la Tunisia. Una strada senza ritorno, alla ricerca della libertà perduta. Marc nacque dopo la guerra, nel 1953 e si trasferì in Francia dove iniziò a scrivere. Ma ben presto, al primo contatto con la Sardegna sentì prepotente il richiamo delle sue radici e il fascino dei miti atavici della terra degli antenati. Nessun racconto riesce a sintetizzare la sua storia come questi pochi ma intensi versi:

…E io sono cresciuto nella leggenda di un’isola
avvolta nel suo sudario.
E io sono cresciuto nel silenzio del sangue che fluiva
dentro le mie vene
E ho amato il mondo per tutta questa assenza.
[…]
E l’isola
fu mia guida nella voce
la mia “vita nova” per parlare di lei.
[…]
La barca è la spola
e la memoria è la nacchera
e il ragazzo cresciuto
tesse col filo di bisso
la vela d’un canto avviluppando l’isola.

Marc ritorna spesso in Sardegna dove ha tanti amici. «Mio nonno— racconta — non ha più voluto mettere piede nell’isola. Io ho cercato le sue tracce a Sant’Antioco, ma i fascisti hanno cancellato il suo nome da tutti i documenti. “Ciu Grillu” non è mai esistito». Ma “Ciu Grillu” vivrà sempre nella memoria di chi lo ha conosciuto e Marc gli dedica versi amari:

[…] Conobbe poca pace
persa l’isola beata
persa la donna tanto amata
vinta la bufera
la barca affondò
nel tempo chiuso della bara

Marc Porcu

L’idea della poesia fra i detenuti è di Rosi Giua, autrice delle fotografie, che ha organizzato anche un precedente incontro alla fine di dicembre sempre insieme ad alcuni componenti dell’associazione Churmo (la foto pubblicata si riferisce a questo primo evento).
«è stata — racconta Marc — un’esperienza straordinaria, con un’accoglienza commovente, da parte di persone che sentono il bisogno di confrontarsi con un’idea di normalità, con la prospettiva di un sogno di dignità che inseguono disperatamente. Molti di loro scrivono versi. Parole per rompere il silenzio dell’anima, per volare oltre il presente. Abbiamo letto le loro poesie insieme alle mie. Ci siamo scambiati le nostre storie».

Certo, niente meglio della poesia, riesce a penetrare nell’anima e farti percepire una luce nel buio, a dare ali ai sogni e ad una speranza di futuro vitale per chi è privato della libertà. Forse non sarà un poeta a trovare la soluzione ai problemi del mondo, ma certamente la poesia può insegnarci a comprendere quelli dei suoi abitanti.

Enrico Pinna

 

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