La casa-scuola della tessitura solidale: sei posti letto e un manifesto di libertà

Quando è che seguire il filo cessa di essere una metafora e diventa un percorso di vita? Dopo la due giorni di venerdì e sabato scorsi al Ghetto di Cagliari, dove si è tenuta la manifestazione dedicata alla tessitura e all’alta sartoria, la domanda ha trovato una pluralità di risposte nel bagaglio di esperienze che ogni artigiano ha trasposto nelle proprie opere, in vetrina tra le mura della sala del centro culturale.

Sono stati momenti di riflessione, scambio, formazione e riscoperta di tecniche antiche rilette nel contemporaneo; influenzate da viaggi, studio e nuove tecnologie. Tra gli artisti del tessuto, erano presenti Maria Cristina Boy, Margherita Usai, Luciano Bonino, Mario Corda, Carolina Melis, Assuntina e Giuseppina Pes. Infine l’Ecole de Madame Foile, ossia Elisabetta Sollai, Silvia Vaccargiu, Michela Sulis con la direzione artistica di Veronica Usula. È proprio quest’ultima a parlare dell’importante progetto della sua scuola che, da oltre sei anni, mescola ricerca, artigianato e inclusione sociale.

L’Ecole de Madame Foile sorge a Villacidro, in una casa campidanese riadattata e resa incantevole e accogliente grazie agli sforzi di Veronica ‘Vera’ Usula e delle sue ragazze. Una dimora e un rifugio per donne che soffrono disagi psicofisici, con disabilità, spesso senza supporto da parte della famiglia o completamente sole, diventate invisibili agli occhi di una società che le vorrebbe ‘normali’.

Aperta e visitabile a tutti, la scuola organizza dei corsi di tessitura dedicati e personali a cui si aggiungono i laboratori per bambini il sabato mattina. “La scuola – spiega – l’abbiamo creata con le nostre mani. Avevo questa casa campidanese di famiglia, degli anni Cinquanta, e ho deciso di farne la nostra sede. Abbiamo contattato una ditta edile per rifare le fondamenta, ma il resto è tutto opera nostra: gli affreschi, le porte e le finestre che abbiamo recuperato, il giardino. Qui l’elemento dominante è l’acqua, simbolo femminile che infonde la vita. Ho voluto investire di tasca mia per non avere alcun vincolo, per sentirmi libera di modellare questo posto secondo le nostre inclinazioni, senza regolamenti o imposizioni”.

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All’interno della casa, in un percorso caratterizzato da motivi ornamentali e colori, sono presenti sei posti letto occupati da cinque di queste donne. “Alla conferenza stampa, in cui abbiamo presentato l’associazione, sono seguiti i primi corsi a cui hanno aderito cinquanta donne. L’idea della casa-scuola, invece, è nata per caso: è venuta da me una ragazza sieropositiva e bipolare che aveva bisogno di un rifugio, un luogo dove sentirsi accettata. Le abbiamo teso una mano in un momento di grande difficoltà. Successivamente ne sono arrivate altre, ma questa non è una clinica, la nostra porta è sempre aperta e chiunque può entrare o andare via quando vuole”.

Le giornate sono scandite da numerose attività tra incontri organizzativi, confronti tra le donne, lavoro e svago.
“Stiamo in mezzo alla natura, ci riuniamo in giardino per discutere sia gli aspetti organizzativi, sia per parlare di noi affinché la convivenza sia sempre serena e i problemi vengano affrontati insieme”.

E per quanto riguarda la tessitura, Vera Usula esprime il suo personale manifesto “Da oltre vent’anni mi sono avvicinata a questo mondo, partendo dalla tradizione sarda e utilizzando i telai verticali, ossia quelli più antichi. Si comincia dalla materia grezza, la lana, si fila e si tinge con coloranti naturali (zafferano, olivastro), poi iniziamo a tessere. Abbiamo persino delle tecniche segrete e ogni donna lavora secondo il proprio metodo per venire incontro anche alle difficoltà psicofisiche di ognuna che, mano a mano, migliora e affina la propria manualità”.

Proprio per questo “i pezzi sono unici, scevri dalle sovrastrutture didattiche, così come le loro realizzatrici lo sono da quelle sociali – racconta ancora la fondatrice de L’Ecole de Madame Foile -. I lavori non sono riproducibili a livello industriale, per cui acquisiscono un grande valore. Questa è un’arte sacra, una sorta di pratica mistica e religiosa che coinvolge numerose culture nel mondo. Anche Gandhi filava e tesseva e questo lavoro, parlando in termini antropologici, scava nel nostro passato, crea un corpo animato dallo spirito di chi lo realizza.”

Partendo dalla tradizione sarda, la Usula ha girato il mondo per apprendere e attingere dai grandi maestri “Ho cominciato a ventuno anni sperimentando la tecnica primitiva e mi sono lasciata affascinare da questa disciplina. Ho conosciuto Dolores Ghiani, a Isili, da cui ho imparato le tecniche di tintura dell’entroterra sardo. Poi mi sono spostata e sono venuta a contatto con i maestri olandesi; sono andata in Provenza; in Marocco e ho potuto apprendere molto anche da Chiara Vigo per quanto riguarda la lavorazione del bisso. Nel 2001 sono stata l’unica rappresentante italiana di tintura primitiva in occasione di una manifestazione patrocinata dall’Unesco in Sud Corea”.

E sul suo rapporto con una delle più grandi artiste e tessitrici, Maria Lai, la Usula dice: “Mi cercò lei nel 2005-2006. Credo sentisse che fosse arrivato il momento di condividere, per cui abbiamo intrapreso un cammino insieme, fatto di mutui scambi e durato sei anni, quasi segretamente. Ora non c’è più, ma sento che in qualche modo continuiamo ad avere un contatto”.

Nel 2013 Vera Usula apre la scuola, in seguito a un periodo di isolamento e disagio psichico, un episodio che fa maturare in lei la necessità di aiutare altre persone con gli stessi problemi. “Io le voglio definire bizzarre, anticonvenzionali, non malate”, precisa, mentre parla delle ‘sue’ ragazze.

Il futuro dell’Ecole de Madame Foile si apre verso nuovi orizzonti, a dimostrazione del fatto che questa scommessa, per quanto inizialmente dispendiosa e dura, sta ottenendo risultati più che positivi. “A dicembre ho depositato il brevetto per il Movietessil, un progetto innovativo seguito da Sardegna Ricerche e presentato al salone dell’Interior design di Parigi ‘Maison et objet’, a gennaio. Si tratta di una linea di tessuti realizzati con i nastri delle videocassette.
Ho chiamato altri cinque artigiani che al momento stanno realizzando diversi oggetti con questo materiale. In seguito, selezioneremo cinque prototipi per l’edizione del prossimo anno. Questi nastri non sono riciclabili, per cui li abbiamo semplicemente trasformati e riutilizzati; in questo modo acquisiscono un pregio di gran lunga superiore rispetto al prodotto originale, le Vhs. Sono fiera di dire che non è mai stato fatto prima e si tratta di un’esperienza unica di questo genere. Voglio portarla avanti per noi e per la casa”.

Martina Serusi

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