IL RICORDO. Addio a Paolo Poli, l’estro per tutti tra provocazione e innocenza

Paolo Poli si è spento, e con lui uno dei protagonisti più rappresentativi del teatro italiano contemporaneo. Personaggio insolito nel mondo dello spettacolo, non amava le lusinghe e le celebrazioni riservate solitamente ai Maestri, ma preferiva abbandonarsi in solitaria nel proprio appartamento romano in compagnia delle letture preferite. E leggeva di tutto: “tutta la letteratura è meravigliosa, anche la più umile. Benedetto Croce diceva che è accattivante anche il foglietto che tiene il pappagallo della zingara dove c’è scritto: giovinetto, giovinetta, donna bionda vi vuole male, attenzione, giocate al lotto 5-7-11”. Da buon fiorentino amava la Commedia di Dante, in particolar modo il Purgatorio, si è dilettato a rileggere in audiolibro la storia di Renzo e Lucia di Alessandro Manzoni, le ricette di Pellegrino Artusi, ma soprattutto l’amatissimo Pinocchio di Carlo Collodi. Paolo Poli si destreggiava abilmente tra letteratura alta, come l’ultimo spettacolo Aquiloni costruito sugli scritti di Pascoli, e quella bassa, un esempio sono i racconti d’appendice di Carolina Invernizio.

A quest’ultima autrice Paolo Poli dedica le rappresentazioni teatrali nell’innovativa trasmissione RAI Babau del 1970, rimasto bloccato negli archivi della TV di stato fino al 1976. In questa esperienza Paolo si trasforma in giornalista, quasi un antropologo, dove  gira l’Italia e ne racconta gli usi e i costumi. La televisione di Stato aveva a disposizione due scelte: riconoscere la miniera d’oro o nascondere il tesoro sotto la sabbia. La RAI sceglierà la seconda per ben sei anni.

Paolo Poli era un artista di rara fattura, ispirava il suo pubblico a crescere come individuo pensante, il tutto grazie a quella sua tipica leggerezza che sfociava spesso in una spassosa insolenza.  Ascoltare le sue chiacchiere era una magia, volava da una citazione letteraria ad una battutaccia sfrontata con grazia ed eleganza senza pari, e lì ti conquistava, il gioco era fatto. L’ilarità con cui Poli raccontava storie e aneddoti abbatteva quel senso di pigrizia che tendenzialmente ci conduce alla mediocrità, e così quel modo di narrare ammaliante e coinvolgente spingeva l’ascoltare ad approfondire autori, libri ed opere per saperne di più. Paolo Poli era solito lanciare indizi, i più curiosi potevano lasciarsi conquistare o meno.

Sono state tante le facce artistiche di Paolo Poli, ma tutte accomunate dal senso di gioco, quel divertimento che l’ha portato a leggere i grandi della letteratura per l’infanzia, che erroneamente viene riservata solo ai giovani ma che ognuno dovrebbe conservare gelosamente per tutta la vita. Uno sguardo infantile nei confronti del mondo, un modo per affrontare le difficoltà e le avversità con quella classica incoscienza tipica dei bambini, ancora privi di sovrastrutture sociali.

La carriera di Paolo Poli si muove sopra un doppio binario: gioco e irriverenza. La sua Santa Rita da Cascia viene censurata nel 1966, non viene capita la sua istrionica ironia, ma poco importa perché Paolo continua per la sua strada, interpretando sui palchi d’Italia altre figure femminili con quel suo stile misto tra provocazione e innocenza. E cosi era anche il suo quotidiano: una garbata omosessualità in un paese mai al passo con i tempi. Figlio di un carabiniere e di una maestra montessoriana, viene educato alla libertà di pensiero. E cosi li ricordava Poli: “Il mio babbo e la mia mamma lo seppero da sempre e mi amarono per quello che ero, non per quello che avrei dovuto essere. Mia madre aveva una cultura laica, era una maestra montessoriana. Diceva: «Fai di testa tua e non sbaglierai mai». Come diceva Rousseau: «Il bambino è perfetto, la società è sbagliata».

Paolo Poli non si riconosceva completamente nell’attuale movimento LGBT, aveva un’altra formazione ed esperienze differenti. Non credeva nel matrimonio, sia in quello omosessuale che eterosessuale, e per riderci sopra tirava in ballo due romanzi cha amava perdutamente: “i Promessi sposi iniziano con il fidanzamento e finiscono con il matrimonio, Madame Bovary comincia con il matrimonio e si conclude con l’arsenico. Molto meglio”. Ma nonostante le distanze ideologiche, in un periodo storico in cui le battaglie LGBT rivendicano il matrimonio egualitario, rimarrà per sempre un esempio di libertà per le generazioni di oggi e di domani. Un modello di integrità intellettuale da eleggere come simbolo di autonomia culturale, lontano dai canoni stereotipati che la società impone. La perdita di Paolo Poli sarà incolmabile nel panorama teatrale italiano, ma il suo patrimonio artistico e le sue riflessioni ispireranno per sempre le persone dal cuore puro e dalla mente libera.

Alessio Romagnani, Associazione Culturale e di Volontariato ARC Onlus

 

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