Il live dei Tre Allegri Ragazzi Morti a Serramanna: “Nell’Isola ogni volta è una festa”

Domenica si è concluso il “Frades Festival”, manifestazione culturale giunta alla sua undicesima edizione ed organizzato dal Gruppo F.R.A.D.E.S (acronimo di Fratellanza, Ricordo, Amicizia, Divulgazione, Educazione, Solidarietà), una associazione costituita nel 2004 con l’intento di commemorare i ragazzi di Serramanna scomparsi prematuramente attraverso attività culturali, di spettacolo e di aggregazione sociale.
Quest’anno la manifestazione si snodava in quattro giornate (18-19-20-21 luglio) e proponeva diverse attività che vanno dai corsi di musica ai laboratori per i bambini fino alle esibizione di skaters e bikers. La notte invece era a favore della musica, con diversi gruppi sardi distribuiti nelle varie giornate e la presenza eccezionale dei Tre Allegri Ragazzi Morti nella serata conclusiva. La band ha entusiasmato le duemila persone accorse nel Campidano, e poi si è concessa ai fan e ai cronisti.

Com’è ritornare in Sardegna e com’è il vostro rapporto con i fans sardi?
Enrico Molteni: Il pubblico sardo è sempre molto affettuoso con noi. Anche questa volta sono stati in tanti a venire al concerto, a seguirci, a cantare e ballare. Non ci torniamo spesso, ma quando lo facciamo è una bella festa.

Il vostro ultimo disco “Nel giardino dei fantasmi” è una nuova tappa del vostro percorso artistico. Magari meno dub, sicuramente con qualche sperimentazione in più. A distanza di parecchi mesi dalla pubblicazione come lo sentite? Vi sembra non manchi nulla rispetto ai suoni, ai colori e alle liriche composte?
Io direi che non manca nulla. E’ uscito così come volevamo che uscisse, anche dopo qualche mese sento che ha le stesse vibrazioni. Mi fa felice vedere che il pubblico si relaziona bene con i nuovi pezzi, li canta. No, non manca proprio nulla.

“La mia vita senza te” è stato il primo singolo. Molti l’hanno vista come una canzone d’amore. Di che cosa parla?
Parla della peridta di qualcuno a cui tenevi molto. Ma potrebbe anche essere di qualcosa. Non parla d’amore come molti potrebbero pensare. Davide (Toffolo, nda) l’ha scritta pensando alla morte del padre. E’ stata per lui una canzone utile per oltrepassare la soglia del dolore.

La sensazione generale – molti fan della prima ora se ne lamentano – è che siate più pop rispetto al passato. In generale credete che “essere pop” possa pregiudicare la qualità delle composizioni o la qualità pop (ma anche dub, o etnica) ha varie sfaccettature che vi interessano e che non intaccano il vostro modo di produrre musica?
La seconda che dici è la cosa in cui credo. Secondo me la nostra qualità non è per niente scesa, ha solo cambiato strada, percorso. Stiamo sperimentando nuove strade, stiamo mettendo dentro i nostri dischi tutto ciò che ci piace. Facciamo musica popolare senza per forza esser pop. La nostra produzione è sempre la stessa dal primo giorno in cui abbiamo cominciato a suonare assieme ad oggi.

Un pezzo del disco si intitola “Di che cosa parla veramente una canzone”. Secondo voi di che cosa parla veramente una canzone? C’è sempre un significato o ciascuno di noi interpreta a suo modo la canzone creandosi un immaginario personale?
C’è sempre un significato, ma questo non toglie che ognuno se lo adatti addosso. Se penso a quando ascoltavo le canzoni in inglese e mi immaginavo cose che proprio non erano reali… Funzionavano lo stesso!

L’immaginario dei Tre Allegri è stato sempre molto vasto, anche grazie al connubio tra l’arte del suono e l’arte del disegno e dei fumetti. Nel 2013 come riuscite a tenere attuale questo connubio, trovando gli spunti per creare delle storie o i vostri video?
Il connubio funziona sempre perché Davide ha questa ambivalenza nel sangue. Lavora molto con la matita, spesso facciamo dei video con il suo stile. Credo sia molto importante avere in testa un immaginario di storie che lui non si fa mai mancare. Inoltre la musica è un buon viatico per nuove e buone idee. Ci piace la possibilità di sviluppare un’idea attraverso la comunicazione, non solo musicale.

Siete in tour con Jovanotti e caso vuole che sabato siate stati in “concorrenza” con lui visto che era in concerto a Cagliari. Come si stanno svolgendo queste nuove tappe? Qual è il vostro rapporto con lui, come siete entrati in contatto e che feedback state ricevendo da un pubblico in qualche modo diverso dal vostro?
L’esperienza è positiva, non c’è che dire. Abbiamo imparato molto da una dimensione parallela alla nostra ma gigantesca. Il suo pubblico è molto educato, vedremo a fine estate se c’è stato qualche colpo di fulmine. Abbiamo sempre fatto la nostra musica al nostro meglio, quindi spero che altri se ne accorgano. Questo tour da supporter però non ci cambia, non abbiamo mai mirato né al successo né ai soldi.

Simone Spada

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