I segreti delle stelle in mano ai nuragici: il caso-studio del sito Gremanu a Fonni

“I risultati preliminari delle indagini archeoastronomiche in corso nel contesto sacro di Gremanu (nella foto), a Fonni, hanno evidenziato la forte relazione astronomica tra il tempio nuragico a megaron interno al temenos (spazio riservato al culto) e la sovrastante area, riguardante la fonte e i pozzi sacri. Un legame che sembra restituire un senso più compiuto al dualismo, iconografico e di culto, tra le due tipologie architettoniche”. È questo il resoconto del 7° convegno di archeoastronomia in Sardegna, intitolata ‘La misura del tempo’. L’iniziativa si è svolta ieri nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna, a Sassari, “accogliendo diversi che hanno aperto la strada a un dialogo tra archeologia e astronomia, regalando talvolta scoperte di assoluto rilievo”, si legge in una nota.

I risultati dello studio sul sito di Gremanu sono stati presentati da Simonetta Castia di Aristeo e Michele Forteleoni della Società Astronomica Turritana (Sat). “Questa area cultuale, tra le più interessanti dell’età nuragica, è caratterizzata da raffinate e complesse soluzioni architettoniche e di captazione delle acque sorgive situate alle pendici del passo di Caravai. All’interno sono presenti due principali aree sacrali, funzionalmente distinte: in particolare, si è rilevato un perfetto allineamento in direzione nord-sud tra i due templi a pianta rettangolare, ubicati all’interno del recinto sacro da una parte, e quelli a pozzo, collocati a centottanta metri verso meridione, racchiusi da un temenos (recinto) che circonda e delimita anche la fonte sacra e una vasca per le abluzioni rituali”, è scritto ancora nel comunicato.

Una distinzione tra le diverse tipologie templari è stata chiarita anche da Paola Basoli nell’esposizione sui riti e miti del complesso ‘Sos Nuratolos’ di Alà dei Sardi. L’archeologa ha in particolare ricordato “la distinzione fatta da Giovanni Lilliu tra acqua di cielo e acqua di fonte, per identificare le divinità che potevano presiedere i due contesti”. Altro studio condotto in chiave archeoastronomica è stato quello presentato da Michele Forteleoni di Sat, insieme all’archeologa Lavinia Foddai: riguarda l’area di Paule S’Ittiri, a Torralba, nel Sassarese, un esteso villaggio di capanne con area sacra cultuale delimitata da un recinto, situato a breve distanza dal nuraghe Santu Antine. “In questo caso – si legge nella nota – sembra affiorare una visione di insieme, ma la lettura resta parziale e provvisoria per mancanza di uno scavo di approfondimento”.

Luca Doro ha illustrato i dettagli della straordinaria scoperta nel complesso del nuraghe Palmavera di Alghero: la presenza di una terza torre laterale, forse crollata o smantellata, oppure mai completata. “Quella che era solo un’ipotesi, motivata da diversi indizi, è stata verificata quest’estate grazie alle attività di scavo”. Marzia Monaco e Flavio Carnevale dell’Università La Sapienza di Roma, hanno presentato uno studio in merito ai dati archeometrici dell’area di S’Arcu ‘e is Forros, a Villagrande Strisaili, basati sulle misurazioni gps fornite da Aristeo e Sat. “L’obiettivo era quello di cercare di rintracciare eventuali misure di lunghezza utilizzate dagli antichi: sono state registrate misure intermedie rispetto ai cubiti’ storici e potrà essere interessante verificare se strutture che presentano le stesse unità abbiano anche medesime attribuzioni cronologiche”.

Altri due importanti siti archeologici, il complesso nuragico di Sant’Imbenia ad Alghero e la villa romana di Santa Filitica a Sorso, sono stati presi in esame dall’archeologa Elisabetta Garau attraverso ‘Paesaggi condivisi’. Nonostante le epoche distanti, “entrambe le realtà mostrano enormi similitudini con forme di condivisione e dinamiche insediative. Sono due zone costiere aperte e accoglienti, due avamposti del territorio sardo in rapporto commerciale diretto con tutto il Mediterraneo. Lo sviluppo degli ambienti è avvenuto intorno a uno spazio commerciale che fa capo a uno sfruttamento differenziato del territorio, ricco di minerali e risorse alimentari”.

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