Domus de janas, ad Alghero la mostra sull’archeologo Ercole Contu

Il sogno di ogni archeologo è quello di riuscire a trovare almeno una volta nella propria vita qualcosa che sia rimasto intatto, come una sorta di fotografia istantanea che arriva direttamente dal passato. Anche a chi non è del mestiere l’eco di scoperte come la tomba di Tutankhamon o del sito di Thera, sigillato dall’eruzione del vulcano di Santorini, rappresentano l’immagine più potente e anche più romanzata di chi si occupa dello studio della storia più antica dell’uomo. Ercole Contu è tra questi fortunati. Perché di certo non si aspettava che dallo scavo di una domus de janas a pochi chilometri da Alghero venisse fuori non solo un contesto sigillato, ma anche la chiave per capire, da un punto di vista temporale, quando e come venissero utilizzate queste particolari sepolture che la tradizione popolare considerava come casa delle janas, le piccole creature magiche che vegliavano al sonno dei bimbi e filavano fili d’oro alla luce fioca della luna. Alla sua scoperta e soprattutto alla rivoluzione che portò negli studi della preistoria sarda è stata dedicata una mostra dal titolo “Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei vasi tetrapodi” che prenderà il via questo sabato, 1 aprile, all’interno de Lo Quartier in largo San Francesco ad Alghero a partire dalle 17,30. L’esposizione rimarrà poi aperta sino al 31 di maggio, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.

Il monumento venne alla luce durante i lavori di costruzione di un acquedotto e fu indagata tra il 1959 e il 1960 da Ercole Contu, allora unico funzionario archeologo della Soprintendenza alle Antichità delle province di Sassari e Nuoro diretta da Guglielmo Maezke. Dalla tomba, rimasta intatta furono recuperati ben 447 reperti di varie epoche, tutti inseriti all’interno di una coerente successione stratigrafica che andava dal Neolitico sino all’età del Bronzo, consentendo per la prima volta di poter chiarire finalmente il periodo di utilizzo delle domus de janas che, sino ad allora, era ancora molto incerto. In sostanza la “Tomba dei vasi tetrapodi” raccoglieva al suo interno le pagine intatte di buona parte della preistoria e protostoria dell’isola, dal periodo più antico a quello più recente. In questo modo, gli archeologi avevano finalmente un quadro sul lungo periodo con cronologie più puntuali. Una vera e propria rivoluzione. Tra i tantissimi oggetti rinvenuti spiccavano alcuni grandi vasi con quattro piedi e ricchissime decorazioni risalenti alla seconda metà del III millennio a. C. della Cultura del Vaso Campaniforme, definita così per via di alcuni oggetti a forma di campana rovesciata, tipici di quel tempo, che finirono per dare il nome alla sepoltura.

La mostra sarà articolata in cinque sezioni: una introduttiva alle domus de janas, su cosa sono, come venivano realizzate, i rituali che vi si praticavano; la seconda è dedicata alla “Tomba dei vasi tetrapodi” e alla necropoli di Santu Pedru, di cui fa parte, la terza traccia un quadro biografico di Ercole Contu, decano dell’archeologia sarda, professore emerito dell’Università di Sassari e funzionario archeologo della Soprintendenza. Si partirà dagli anni della sua formazione, gli studi alla Scuola archeologica italiana di Atene, gli anni di assistente del grande classicista Ranuccio Bianchi Bandinelli, il rientro in Sardegna e le scoperte straordinarie de il tempio di Domu de Orgìa a Esterzili, sino all’avventura di Monte D’Accoddi, dove tra il 1952 e il 1958 scopre un altare megalitico con una rampa d’accesso lunga oltre 41 metri, frequentato sin dal 4500 a.C. Un vero e proprio unicum per il bacino del Mediterraneo. Le ultime parti sono dedicate al racconto dello scavo attraverso i disegni, le fotografie d’epoca, i diari di scavo, i rilievi originali, lettere manoscritte, telegrammi, ma anche con la narrazione della scoperta direttamente da Ercole Contu, grazie ad un’intervista-documentario che verrà proiettata in loop. A questo si aggiunge poi la riproduzione fedele di uno dei vasi che hanno dato il nome alla tomba, attualmente esposto al Museo Sanna di Sassari. Alla fine del percorso si guarda alla valorizzazione del sito con la presenza di un modello tridimensionale virtuale, nuovi rilievi e elaborazioni grafiche e un ricco apparato fotografico. L’obiettivo è di rivisitare in chiave inedita e attuale l’immagine di questa sepoltura e proiettarla verso il futuro grazie all’utilizzo delle tecnologie più sofisticate attualmente disponibili.

L’evento è a cura di Archeofoto Sardegna, con il Comune di Alghero, la Fondazione Meta, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari, Olbia-Tempio e Nuoro e la cooperativa SILT.

Francesco Bellu

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