Carbonia Film Festival, l’omaggio per immagini al modello Riace

È iniziato con una dedica al sindaco di Riace, Domenico Lucano, il Carbonia Film Festival. D’altronde, i temi di questa edizione, dichiarati nel sottotitolo, sono lavoro e migrazione, che sottintendono anche accoglienza, solidarietà e integrazione, valori per i quali, come ha detto il direttore artistico Francesco Giai Via, si è fondato il progetto Riace. Altrettanto importanti le parole di Paolo Serra, direttore del Centro Servizi Culturali di Carbonia della Società Umanitaria ente organizzante la manifestazione, sul fatto che, nel Festival, “il pubblico sia al centro di tutto”, dunque un evento cinematografico non solo di divertimento e di interesse culturale, ma anche di formazione per spettatori appassionati e attivi. Il pubblico, in effetti, ha seguito numeroso i primi passi del Festival e uno dei premi della manifestazione sarà proprio quello decretato dagli spettatori che, a fine proiezione, possono dare una valutazione al film appena visto.
Nella mattinata della prima giornata del Carbonia Film Festival protagoniste, come sarà per tutta la durata della manifestazione, sono state le scuole con proiezioni e incontri attraverso la guida del documentarista e studioso Pietro Cingolani. Il film del pomeriggio è stato “As cidades e as trocas” di Pedro Pinho e Luisa Homen sulle trasformazioni fisiche e sociali del territorio prodotte dal turismo a Capo Verde. Il lungometraggio che ha inaugurato ufficialmente il Festival è stato, alle 21, “Torna a casa Jimi! Dieci cose da non fare se perdi il tuo cane a Cipro” di Marios Piperides, una bella e intelligente commedia che sarà anche distribuita nel nostro paese dalla Tucker Film, nel 2019. Il regista, presente in sala, ha, subito dopo la proiezione, risposto alle domande del pubblico, che ha applaudito con convinzione il film. Piperides ha sottolineato come la scelta di far sorridere su un tema, in realtà , drammatico sia “l’unica strada per resistere al periodo folle in cui stiamo vivendo”. La storia raccontata nel film, in effetti, sembra paradossale (le disavventure di Yiannis, un musicista hipster, che ha pronto il biglietto per trasferirsi in Europa, nel cercare di riportare nella parte greca di Cipro, il suo cane scappato dall’altra parte del muro, nella zona turca), ma assurda è la situazione politica di Cipro dove è ambientata la vicenda, un’isola divisa in due: la sezione greca, persino inserita nell’Unione Europea, e quella turca, non riconosciuta a livello internazionale. Due popoli “fratelli” divisi da un check point, una situazione diplomaticamente e umanamente incredibile. “Torna a casa Jimi!” doveva essere, come ha raccontato Piperides, nelle prime intenzioni produttive, un cortometraggio ispirato da un accadimento reale, ma, in seguito, nel momento della scrittura, il progetto è diventato più complesso. Per girare le scene nella zona turca, la produzione ha dovuto ottenere vari permessi dalle istituzioni e dai reparti dell’ONU, che sono ancora di stanza a Cipro. Il film, ha detto il regista, non è ancora uscito a Cipro e, dunque, rimane l’incognita di come verrà accolto. La difficoltà, secondo Piperides, “sarà far immedesimare lo spettatore ‘greco’ nel personaggio di Hassan, che appare un turco simpatico, pasticcione, ma disponibile. Infatti la gente è stata educata a disprezzare i ciprioti dell’altra parte, considerati coloni aggressivi. Per la prima volta ne viene mostrato uno dal volto umano.” Ma probabilmente anche a Cipro nel vedere “Torna a casa Jimi!” rideranno e si emozioneranno e, come spesso accade, il cinema si dimostrerà più potente di qualsiasi muro.

Elisabetta Randaccio

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