Cala Gonone jazz Festival, Morris e Forcione: “L’album? Scritto in due giorni”

Il tragitto che separa il piccolo molo di Cala Gonone dalle Grotte del Bue Marino, è un percorso breve, fatto di onde lievi che cullano le imbarcazioni, concedendo un momento di tregua dal caldo opprimente che caratterizza le mattine di fine luglio. A differenza di altri contesti, in cui il viaggio è espediente narrativo qui è la meta a fare la differenza. Le grotte, scavate dal vento e dall’acqua e una volta habitat della foca monaca (estinta a causa di una sfrenata competizione antropocentrica) raccontano un passato millenario, un luogo in cui i suoni vengono modulati da curve, angoli, insenature e passaggi invisibili. Ad ogni accesso, sembra di ritrovarsi in un posto diverso, estraneo e ancora da scoprire, mutevole e incantatore.

Lì, poco dopo le scale che portano alla sala della Dama Bianca, Sarah Jane Morris e Antonio Forcione (nella foto sotto in primo piano) stanno seduti, sorridenti. E in attesa di iniziare la loro esibizione – una delle più attese del Cala Gonone jazz festival – ascoltano ammirati, le storie rivelate da quelle stesse pareti calcaree, osservando il passaggio degli spettatori, impazienti di ascoltare le loro. Colpita da questo improvvisato teatro, la cantante manifesta il suo entusiasmo e la sua incredulità con il viso su per aria. Tornata tra noi, parliamo insieme al chitarrista Forcione del loro “Compared to What”. “Abbiamo trattato dei temi che ci stanno particolarmente a cuore, ma soprattutto stanno diventando impellenti, urgenti. Eppure con questi argomenti avremmo potuto misurarci anche un secolo fa, nulla sembra cambiato. A noi interessa sensibilizzare le persone che ci ascoltano” spiega Forcione. “Quest’album non vuole assolutamente essere una protesta, quanto una considerazione e un racconto in prima persona di quanto accade, anche dal punto di vista di qualcuno che non ha occasione di farlo”, si affretta ad aggiungere la Morris.

“Io e Sarah siamo coetanei, proveniamo da un trascorso di lotte, quelle degli anni ’70, in cui le questioni sociali venivano affrontate attraverso un’azione politica molto diversa da quella odierna. Per cui ci siamo seduti e abbiamo scritto praticamente l’intero disco in soli due giorni”. “Siamo amici da molti anni – prosegue la cantante – siamo entrati perfettamente in sintonia. Come dicevo prima, abbiamo voluto affrontare tantissime questioni: l’amore, la solitudine, la perdita, l’avidità, i rifugiati e la violenza di genere. Sono tutte macro-tematiche che hanno a che vedere con l’umanità e la sua storia. Abbiamo una coscienza e una consapevolezza sociale. Guardiamo, ascoltiamo e proviamo ad assimilare quello che accade intorno a noi dandogli un significato. Uno dei nostri riferimenti è Bob Dylan, che attraverso testi brillanti e poetici, ha saputo raccontare il suo Paese e la sua storia. Noi vogliamo fare lo stesso, mandare un messaggio al mondo intero”. L’esibizione dei due comincia con un plauso e un’accoglienza che si riserva solo ai grandi della musica e che i due ricevono con umiltà e offrendo una performance strepitosa.

La voce graffiante e potente di Sarah Jane Morris, accompagnata da un eccezionale chitarra acustica suonata a ritmo di jazz, funk e rock, non si limita all’intrattenimento e a virtuosismi seppure apprezzabili, ma indaga, accusa, riflette e spesso scherza sulle debolezze dell’animo umano. Canta e balla questo energico duo, sulle note di pezzi originali e di altri celebri portati al successo da Sting, Bob Dylan, Stevie Wonder, alterandone i significati originali e attribuendo nuove visioni e interpretazioni, sempre in linea con quanto dichiarato poco prima di eseguirle. “Mi vergogno per quello per le politiche che molti governi e la stessa Unione Europea stanno mettendo in atto per contrastare l’immigrazione” tuona la Morris “io credo nell’umanità e queste persone hanno bisogno di un vero aiuto, per cui dico ‘Not in my name!”. Un’intesa con il pubblico che non si spezza mai, ma raggiunge il suo climax durante brani come “Compared to What” e “Blowing in the Wind” conclusa con un lungo soffio di una Sarah Jane Morris che imita il vento e congeda gli astanti, mentre esultazioni e applausi riempiono, per l’ultima volta prima della fine del Cala Gonone Jazz Festival, le Grotte del Bue Marino.

Martina Serusi

Foto di Giulio Capobianco

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