Cagliari, la musa di Francesco Alziator: un documentario racconta l’antropologo

È stato presentato nei giorni scorsi e ora è possibile vederlo anche online, il documentario ‘Cagliari e dintorni con gli occhi di Francesco Alziator’, firmato da Marco Gallus. Dopo aver realizzato, nel 2015, l’emozionante ‘Vinti, ma non convinti. Francesco Masala il capo tribù nuragico’ sulla straordinaria figura dell’autore di ‘Quelli dalle labbra bianche’, il regista sardo affronta con lo stesso impegno un personaggio altrettanto importante per la storia culturale della nostra regione. Antropologo, filologo e letterato.

Come per Francesco Masala, l’approcciarsi a Francesco Alziator è stato un lavoro a trecentosessanta gradi: Gallus non solo ha girato il documentario, ma ha realizzato un sito, diventato un contenitore rigoroso di informazioni, dati, documenti riguardanti un protagonista isolano che non si deve dimenticare e deve rimanere vivo, attraverso anche le sue numerose e ancora importanti opere.

È evidente come, nel filmare ‘Cagliari e dintorni con gli occhi di Francesco Alziator’, il regista abbia avuto nei suoi obiettivi la memoria culturale e la didattica, quest’ultima intesa come capacità di proporre ai più giovani e a chi non la conosce la portata intellettuale del protagonista del suo documentario. Questo non comporta, però, una banalizzazione dei contenuti, né una trascuratezza della forma. Con la stessa metodologia utilizzata per ‘Vinti, ma non convinti’, Gallus si è basato su una ricerca complessa comprendente fonti scritte, orali, immagini di repertorio e storiche. Eliminando la tipica voce fuori campo, il regista si è servito, supportato da Manuela Ennas nei testi, nei dialoghi e nelle ricerche, per restituirci l’avventura esistenziale e professionale di un intellettuale sardo assai speciale, di preziose interviste, ma non solo.

Infatti: se le parole della figlia Cristiana, se i racconti di chi l’ha conosciuto, di chi ne ha scritto o l’ha studiato – il giornalista Tonino Oppes, il docente di letteratura sarda Duilio Caocci, il giornalista Gianni Filippini, tra gli altri -, ci rimandano sfumature di una personalità originale e emblematica del suo tempo, il regista ha arricchito il documentario col suo punto di vista. Una prospettiva che si rivela nella scelta di precise immagini della Cagliari tra gli anni Venti e i Settanta – tratte da Gallus dalla raccolta di cinema di famiglia della Cineteca Sarda -, ma anche nelle fotografie in bianco e nero dell’archivio Alziator, così come nella selezione mirata di alcuni brani di Alziator. Gallus fornisce in questo modo non invasivo, ma chiaro e appassionato, il suo commento vivace alla figura di Alziator. Così, nel film, lo spettatore, senza dover subire un rigido percorso cronologico, può intraprendere un viaggio tematico e ricostruire una sua personale visione dell’autore della ‘Città del sole’.

Ripercorrendo l’Alziator rivisto con gli occhi (e la sensibilità) di Gallus, capiamo come “solo uno scrittore può raccontare la sua città”, ovvero la amata Cagliari che l’antropologo attraversava a piedi per lunghi chilometri, partendo da Castello, dove lui, “aristocratico”, era nato e abitava. Da lì fino al mare o a quella che, ai suoi tempi, era periferia: da Is Mirrionis fino ai confini di Sant’Avendrace o Villanova. Le sue erano ‘passeggiate antropologiche’, appunto, in cui l’attenzione ai dettagli di una città in continuo mutamento urbano non toglievano curiosità nei confronti dei suoi abitanti.

Nelle varie interviste presenti nel documentario, si apprende proprio l’attenzione, nonché persino l’amicizia, di Alziator per ‘gli ultimi’, per le classi meno abbienti, capaci ancora di incarnare l’anima autentica della città, riproposta, in seguito, nei suoi saggi e nei suoi articoli di giornale. La collaborazione alla Terza pagina de L’Unione Sarda, raccontata anche nelle parole di Gianni Filippini, è a dir poco sorprendente. Gli articoli di Alziator sono ancora oggi estremamente piacevoli alla lettura, mentre ci proiettano in una realtà sociale e antropologica perduta.

L’amore per Cagliari gli consentiva di descrivere particolari “oscuri” di alcuni quartieri che, comunque, riuscivano ad essere sempre vivi e pulsanti anche nei loro “difetti”. Si vedano, ad esempio, le righe in cui descrive i “grossi topi” che scorrazzano alla Marina, ma poi racconta che, nelle osterie di questo quartiere, a differenza di quelle di altri, non ci si azzuffasse, ma “si finiva a cantare sempre”. Alziator si accorge, proprio attraverso le sue frequentazioni, dei cambiamenti che, subito dopo la Seconda guerra mondiale, stanno caratterizzando Cagliari, facendola diventare una “città grande, non un grande città”.

Come viene detto nel documentario, Cagliari non ricambiò l’amore che per tutta la vita gli tributò Francesco Alziator. Infatti, nonostante la sua cultura, le sue opere, la sua capacità di cronista e saggista, fu ricompensato con una certa freddezza sia dalla classe intellettuale sia dall’opinione pubblica. Così, l’insegnamento universitario lo svolse prevalentemente a Sassari, mentre, lo racconta la figlia Cristiana, non si accettava il suo istinto dissacratore e, sostanzialmente, trasgressivo. La figlia dice quanto il padre, per lei, sia stato “più amico che genitore”, e comunque le dimostrò grande affetto per tutta la sua esistenza.

Afferma Cristiana che “i cagliaritani non capivano i suoi atteggiamenti contraddittori, le passeggiate da uomo sposato con le ‘fidanzate’, il suo essere legato ai concittadini più poveri e disagiati”. Inoltre, persino il suo famoso libro ‘La città del sole’ (lo racconta Gianni Filippini) è stato, per troppo tempo, inteso quasi come una guida turistica e non come un raffinato saggio sulla storia, sugli aspetti sociologici, etnografici di Cagliari. ‘Cagliari e dintorni con gli occhi di Francesco Alziator’, dunque, può servire non solo a ricordarlo, ma a invogliarci a rileggere le sue memorabili pagine e, attraverso esse, a ripensare alla nostra città nei suoi luoghi irrimediabilmente perduti e in quelli che ancora ci possono raccontare di un passato appena diventato remoto, ma da non dimenticare o rimuovere.

Elisabetta Randaccio

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