“A Bolu”, il docufilm sul canto a tenore che mette al bando gli stereotipi

Un canto antico ma vivo, tramandato di generazione in generazione, che affascina anche i più piccoli. È il canto a tenore, raccontato nel docufilm “A bolu” prodotto dalla società di produzione cagliaritana Karel e che vedrà la luce entro la fine dell’anno. Lontano dal folclore e dagli stereotipi, “a bolu” è un viaggio attraverso i paesi della Sardegna, conosciuti per quella che è considerata una delle più autentiche espressioni culturali dell’Isola, nel 2005 inserita tra i capolavori immateriali dell’umanità dell’Unesco.

Chi si aspetta di vedere nuraghi sullo sfondo e cantori vestiti con abiti di velluto e berritta in primo piano rimarrà deluso. Perché il lavoro firmato Karel mostrerà uomini, ragazzi e bambini con l’abbigliamento di tutti i giorni, in maglietta e blue jeans. Magari dentro un bar. “Abbiamo voluto affrontare un argomento che spesso viene visto in maniera stereotipata – spiega il regista Davide Melis -. Il nostro obiettivo è quello di indagare come oggi il canto a tenore sia vissuto e praticato nei vari paesi della Sardegna. Non abbiamo ricostruito scenografie ma in presa diretta siamo andati nei luoghi in cui spontaneamente le persone si riuniscono per cantare”.

Il canto a tenore è un canto improvvisato, dal sardo “a bolu” cioè al volo, a più voci, nel quale un solista (sa ‘oghe) è accompagnato da un coro formato da altre tre voci (su bassu, sa contra, sa mesu ‘oghe). I cantori sono vicini, a pochi centimetri l’uno dall’altro. “Questo canto è uno strumento di legame sociale all’interno di gruppi di una comunità – afferma Sebastiano Pilosu, coautore del docufilm ed etnomusicologo – anche per questo è vivo ancora oggi ed è praticato da giovani e anziani. Come sempre nelle tradizioni orali si impara per imitazione, il sapere si tramanda e crea dibattito. Con il nostro lavoro vogliamo fare emergere il grosso dibattito sull’estetica della musica che c’è all’interno di questo mondo”.

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Come detto un mondo che comprende anche i giovanissimi: “A Pattada abbiamo filmato quattro bambini di dieci anni che spontaneamente hanno formato il gruppo sos isteddos, le stelline”.

“Il canto a tenore è patrimonio immateriale dell’Unità dal 2005 – ha detto l’assessore regionale alla Cultura Giuseppe Dessena -. A certificarlo è l’Unesco e a testimoniarlo è lo straordinario successo che ha nella nostra terra e il grande apprezzamento a livello internazionale. Questo progetto è stato realizzato grazie alle professionalità della nostra isola e grazie al sostegno e al contributo del bando IdentityLAB promosso dalla Regione. I bandi creati per sostenere i progetti culturali sono stati differenziati e mirati e questo sta dando risultati che sono evidentemente ancora migliori. Andiamo avanti con queste politiche cercando di affinare sempre più ciò che già funziona”.

Oggi il canto a tenore è diffuso in circa 70 comunità in Sardegna nelle regioni del Marghine e del Montiferru, in Baronia, Barbagia, nel Monte Acuto, nel Goceano, nel Guilcer, Barigadu, in Ogliastra e nel Logudoro. Il viaggio di “a bolu”, le cui riprese sono iniziate il 5 giugno e proseguiranno fino a luglio, parte da Mamoiada e tocca i paesi di Pattada, Ottana, Orgosolo, Seneghe, Loculi e Orune per concludersi a Dorgali. Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Associazione Tenores Sardegna che riunisce oltre quaranta gruppi di tutta l’Isola, con la società di servizi informatici Arionline e la Fondazione Sardegna Film Commission. “Il documentario sarà ultimato entro fine anno – conclude Luca Melis di Karel -. Lo presenteremo a diversi festival, e abbiamo già previsto tre incontri durante i quali porteremo i potenziali acquirenti a sentire dal vivo il canto a tenore”.

Andrea Deidda

 

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