Menù dedicato a opere Giuseppe Dessì. Guida di ricette dal Paese d’Ombre

Lepre in salmì e polenta, zuppa di fave con lardo: sono solo alcuni piatti che fanno da contorno a “Paese d’Ombre”. È un ricco “menù letterario” quello emerso tra le righe del capolavoro di Giuseppe Dessì, premio Strega 1972. Sfogliando le pagine del romanzo, ambientato in un paese dal nome di fantasia ma in realtà Villacidro, nel sud della Sardegna, ai piedi del Monte Linas, vengono fuori ricette e pietanze per un pranzo completo, dagli antipasti al digestivo.

Da qui la Fondazione Giuseppe Dessì, presieduta da Paolo Lusci, ha realizzato una guida enogastronomica, ancora da perfezionare, da proporre ai ristoratori di Villacidro “per disegnare un originale percorso del gusto sulla scia dei sapori descritti dal grande narratore”, come spiega lo stesso Lusci. Un “menù letterario”, prezioso e accurato lavoro scritto da Maria Carmela Aru della Fondazione Dessì, dedicato allo scrittore a cui da 34 anni è intitolato il Premio.  “Sfogliando le pagine è un trionfo di sapori e profumi locali, ricette antiche e ancora in uso realizzate con alimenti genuini”, spiega Aru.

Il via lo danno gli antipasti: acciughe sotto sale con aceto di vino, un formaggio tipico, il casu axèdu, una tazza di migiurato. A stuzzicare l’appetito un piatto povero ma sfizioso, pane abbrustolito con le olive. Nel ‘ricettario’ dessiano tra i primi le variazioni sul tema della minestra col formaggio fresco e i finocchi, o condita con un pezzo di lardo. Per passare ai secondi dove spiccano anche capretti e il porchetto allo spiedo. La ‘carta’ propone anche il dessert: croccanti di mandorle e zucchero bruciato. Dopo un pasto così sostanzioso il tocco finale spetta a un bicchierino di acquavite, il Villacidro giallo aromatizzato all’anice e allo zafferano. Tra i dolci tipici del carnevale frittelle al miele offerte col vino bianco, caffè e biscotti savoiardi, non manca il pranzo al sacco tra l’incanto di vallate, boschi di macchia mediterranea e lecci e spettacolari cascate, una su tutte, Sa Spendula, a cui D’Annunzio dedicò un sonetto.

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