Tumori, la denuncia: “Al Businco biopsia in trenta giorni, intervento in sessanta”

“Sono passati otto mesi da quando abbiamo chiesto uno sguardo attento verso le donne malate di cancro che fanno riferimento all’ospedale oncologico Businco di Cagliari. Abbiamo individuato, con senso civico, alcune importanti criticità e indicato delle priorità per migliorare il servizio. L’unico risultato concreto che abbiamo ottenuto è un silenzio assordante”. È la denuncia congiunta delle donne impegnate in questa battaglia: Albachiara Bergamini (Fondazione Taccia), Maria Grazia Caligaris (Socialismo Diritti Riforme) e Paola Melis (Fidapa Cagliari). Sul silenzio ricevuto dicono: “Un attestato inequivocabile che la sofferenza non alberga nei pensieri di chi ha la responsabilità di gestire una struttura complessa come l’oncologico, dove saltano gli interventi chirurgici per l’inadeguatezza delle sale operatorie, dove per avere un biopsia occorre aspettare trenta giorni e per un intervento chirurgico al seno 60. Una situazione pesantissima per chi è alle prese con un cancro”.

La nota prosegue così: “L’informazione meritoriamente elenca i lunghi tempi delle liste d’attesa, ma tutto ciò non è altro che una conferma per chi quotidianamente entra in una struttura ospedaliera dove anche le eccellenze vengono mortificate, in assenza di una programmazione e organizzazione adeguata al ruolo di un centro di riferimento regionale. Siamo spaventate dall’indifferenza di chi ha responsabilità. Abbiamo raccolto oltre 22mila firme con una petizione online, ma riceviamo dalla dirigenza ospedaliera continue conferme che è assente il rispetto della persona”. E ancora: “Non è degno di una realtà come l’oncologico Businco vedere all’ingresso o nelle sale d’aspetto persone che dopo i prelievi debbano consumare una merendina erogata da una macchina. Non è accettabile una scelta così umiliante da parte di una dirigenza che ha la responsabilità di organizzare e pianificare le risorse. Anche se siamo stanche – concludono
Bergamini, Caligaris, Melis – non smetteremo di ricordare a chi di dovere che le donne malate di cancro esigono ancora il rispetto dei loro diritti di cittadine”.

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