Tre bare bianche, l’ultima ricoperta da un drappo blu e dalla bandiera dei quattro mori. Quella di Francesco, 10 anni, il minore della famiglia vittima della strage di Nuoro. Lo ha deciso l’unico superstite, il fratello 14enne. Le morti per mano del padre Roberto Gleboni, l’operaio forestale di 52 anni che con la sua beretta ha ucciso la moglie e due figli, un vicino di casa e ferito l’anziana madre, per poi suicidarsi con la stessa pistola. Il ragazzino sopravvissuto oggi era in prima fila insieme ai nonni materni e agli zii. Con lui il tutore legale e alcuni infermieri, fino al cimitero per le tumulazioni. Non poteva esserci invece la nonna paterna, Maria Riccardi, di 84 anni, ferita alla testa dal figlio e ancora ricoverata in ospedale, ma fuori pericolo.
Nella chiesa gremita di gente, le parole del parroco don Stefano Paba sono risuonate alte nell’omelia funebre, preceduta dal coro di Nuoro che ha intonato il brano Perdonu: “questa nostra comunità ha la volontà di combattere per il bene: caro Sebastiano (rivolto al 14enne sopravvissuto, ndr), cari genitori, la comunità nuorese è qui e prega il Signore perché ci dia la speranza che nessuno può spegnere. Ci dobbiamo aprire alla speranza anche quando il cuore è ferito dal dolore, perché questa croce non si supera – ha detto il sacerdote – L’unica risposta che salva dalla violenza è l’amore”. All’uscita dei tre feretri, lunghi applausi e tanta commozione tra la folla.
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