Stipendio diminuito e orario dilatato: altri venti dipendenti lasciano il resort

L’effetto domino delle dimissioni non si ferma nel resort di Cala Gonone dove hanno dato l’addio anche altri venti dipendenti che lavorano in cucina. Dunque, dopo l’addio di una sessantina di cameriere a causa delle condizioni contrattuali inaccettabili, anche un altro reparto del villaggio Palmasera si ritrova in mezzo a una tempesta che si è diffusa a macchia d’olio dopo la protesta delle lavoratrici stagionali che non hanno accettato i nuovi contratti di lavoro. Come riporta La Nuova Sardegna la vicenda potrebbe coinvolgere anche altri lavoratori di strutture gemelle del Palmasera. I sindacati hanno acceso il faro sulla vicenta e Domenica Muravera, rappresentante provinciale della Cgil, ricorda che “già due anni fa era stata segnalata all’ispettorato del lavoro una vicenda identica a quella del Palmasera”.

Il problema è stato portato all’attenzione anche del presidente della Regione, Christian Solinas, da parte della presidente dell’associazione ‘Coordinamento3 – Donne di Sardegna’, Carmina Conte che al governatore ha evidenziato “l’urgenza di un intervento straordinario a sostegno dell’occupazione femminile gravemente compromessa dall’emergenza coronavirus”.

“Nessuna fuga di lavoratori dai nostri resort, anzi continuiamo ad inserire collaboratori per la maggior parte sardi grazie ai turisti che ci scelgono ogni anno. L’ esperienza del villaggio Palmasera a Cala Gonone (Nuoro), con le dimissioni improvvise delle cameriere ai piani, è stata per noi incomprensibile e dolorosa per il proseguo dell’attività”. Lo precisa all’Ansa il direttore generale di Club Esse, Gianni Russo, la catena alberghiera che gestisce villaggi turistici in tutta la penisola, in seguito alle dimissioni di una ventina di cameriere ai piani già assunte che, insieme ad altre 35 pronte per essere eventualmente arruolate, nei giorni scorsi hanno denunciato sui social condizioni contrattuali peggiorative: “Più ore e meno paga, orario full time per tutte”. Diversa la ricostruzione del direttore generale della catena alberghiera. “Il 29 giugno dopo meno di due settimane dall’inizio della stagione, una ventina di cameriere assunte dalla società che fornisce il servizio di housekeeping, facenti parte di un gruppo storico di circa 55 donne di Dorgali, hanno rassegnato le dimissioni, lamentando il fatto che non ci sia stata una programmazione definitiva del lavoro – argomenta Russo -. Il periodo di avvio dell’attività è stato frenetico, misure anti covid, disdette e pernottamenti all’ultimo minuto. Per questo ho chiesto loro di poterne parlare e di darci il tempo per organizzarci, ma non c’è stato niente da fare: ci hanno lasciato in gravi difficoltà con circa 160 camere al giorno da organizzare. Ne siamo venuti fuori solo grazie all’organizzazione della società che ha in appalto il servizio”.

Quanto alla denuncia sulle condizioni contrattuali, Russo risponde che “la società che le ha assunte ha adottato un contratto nazionale pagato con un minimo sindacale a seconda del livello concordato in precedenza. Inoltre gli anni scorsi le operatrici venivano assunte tutte col contratto part-time, ma noi abbiamo chiesto un servizio full time e questo per loro non andava bene. Nei nostri resort nessuno si è mai lamentato dei contratti e in Sardegna ogni anno lavorano col nostro gruppo duemila persone. Chiediamo alle società esterne massima serietà e rispetto dei contratti collettivi nazionali. Adesso io mi chiedo: tutti questi lavoratori hanno sempre accettato contratti capestro? Evidentemente no, altrimenti le proteste sarebbero all’ordine del giorno”.

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