Sciola: “Il mio murale cancellato? L’ho saputo dai giornali, come un necrologio”

Non è arrabbiato, e nemmeno deluso Pinuccio Sciola. Piuttosto, ha quella espressione un po’ malinconica sul volto, un paesaggio di rughe un po’ stanche, quasi a voler dire, “ma sì, tanto non è la prima volta”. Il suo murale, quello delle “Tre pietre”, quello che aveva realizzato su richiesta della Rinascente, è stato cancellato con una semplice mano di vernice. C’era bisogno di ristrutturare il palazzo, e così i solerti amministratori lo hanno cancellato. Stava lì, nel cuore di piazza Repubblica, dal 1985. E i residenti, ma anche i cagliaritani tutti, si erano abituati a quella grande immagine colorata che ti faceva sentire un po’ meno solo, anche in mezzo al frastuono della città.

Poi, un giorno di settembre, si scopre che quel murale non c’è più, al suo posto un muro anonimo, ora tutto dipinto di giallo. E allora ti domandi perché. Perché questa città ha un’evidente propensione al brutto, una mancanza di cultura estetica e di senso del bello. Perché, se un artista -uno dei più importanti artisti della Sardegna- quasi trenta anni fa ha realizzato un’opera d’arte per la sua città, qualcuno si può prendere il diritto di cancellarla senza nemmeno provare a chiedere.

E’ una domanda che si fa anche Sciola, che della distruzione del suo murale, ha saputo poche ore fa, dopo la denuncia fatta da Vito Biolchini sul suo blog, e dopo che molti cagliaritani hanno scritto, telefonato e chiesto spiegazioni. Non certo perché qualcuno si sia preso la briga di chiamarlo per informarlo dell’accaduto. “L’ho saputo come quando si legge un necrologio di un amico sui giornali, una morte inaspettata. Che ti lascia triste e un po’ sbigottito. E’ vero: i funzionari, applicano la legge. Ma molti di quei condomini, politici, amministratori sono persone che frequentano la mia casa, la mia tavola. Che incontro alle feste del mio paese. Bastava una telefonata. Devono aver pensato che era cosa poco importante un murale. Devono aver pensato che si poteva fare anche a meno di chiamarmi. Anche se in questi giorni di euforia per l’arrivo del Papa li ho cercati tutti.  E a lungo. Avevo un dolore da raccontare, un grido di dolore che si è levato alto dalla nostra terra e che si è fatto pietra, un grido che non mi ha fatto dormire la notte, e che ho trasformato in una bara di marmo. Era il grido dei tanti bimbi morti in Siria nell’agosto che si è appena concluso. Volevo raccontare alla città questo grido. E dire al mondo di quanto la Sardegna sia vicino a quel paese martoriato. Non me lo hanno lasciato fare, non mi hanno mai risposto”.

Nb
Pinuccio Sciola, il prossimo 6 ottobre, è stato invitato a Firenze, nella chiesa di Santa Croce. I suoi semi di pietra saranno esposti nel chiostro di Brunelleschi, e la sua “Città sonora” sarà in scena uno dei saloni del museo. Davanti alla tomba di Michelangelo, il maestro farà cantare, ancora una volta, le sue amate pietre.

Donatella Percivale

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