IL RICORDO. La luna, il fuoco e le pietre: quella notte d’estate a casa Sciola

“Buonasera Pinuccio, tutto bene? Ti chiamo perché qui a Cagliari ci sono due amici milanesi in vacanza, hanno tanto sentito parlare del tuo Giardino e vorrebbero visitarlo, è possibile? Magari domani o dopo, o tra qualche giorno, quando vuoi”. “Macché domani e dopo, vi aspetto tra mezz’ora. Venite, ci sono altri amici inglesi e altri amici italiani, mi raccomando puntuali”.

In velocità raduno i milanesi e ci mettiamo in macchina con la speranza di arrivare in orario all’appuntamento. Entro le nove, ci ha detto, non un minuto dopo. La corsa in macchina tra le stradine di San Sperate vale lo spettacolo che il Maestro ha riservato quella sera del 24 agosto scorso al nostro piccolo gruppo di turisti.

Ci aspetta all’ingresso, giusto una presentazione veloce tra gli ospiti e tutti dentro il Giardino, in silenzio. Il sole è calato ma non è ancora buio. Siamo attorno a un circolo di pietre sonore, mastodontiche ed eleganti allo stesso tempo; dentro ha ammassato foglie e rami secchi.

Con un fiammifero si dà inizio alla magia: le fiamme iniziano a crepitare e subito si sollevano alte dentro quel cerchio. “Venite, guardate da qui: non è bellissimo?”, ci invita a osservare le fiamme attraverso i tagli dentro le pietre: gli elementi si confondono tra loro, nel silenzio dell’uliveto che in quel momento ci sembra lontanissimo dalla città, dalle auto, dalla civiltà intera; si sente solo il canto del fuoco e quello della pietra, materie primordiali a cui lo scultore riesce straordinariamente a dare voce. Uno spettacolo di una semplicità stupefacente eppure così emozionante, vissuto in prima persona e reso ancora più magico se contemplato attraverso lo sguardo commosso di chi lo ha creato. “Non è bellissimo?”.

Non è un evento eccezionale, questo. Pinuccio Sciola ha sempre aperto le porte delle sue stanze, che fosse il grande studio – sala da pranzo con le centinaia di libri, fogli, riviste accumulate sul tavolo, o gli spazi all’aperto del suo Giardino a tutti gli amici e non solo. Amava raccontare le sue opere, le sue storie a tutti, turisti di passaggio, giornalisti, appassionati d’arte, curiosi che chiedevano di dare uno sguardo al suo mondo. Sono tanti i Sardi che hanno avuto il piacere di una visita guidata da Sciola in persona, che raccontava, spiegava, faceva toccare le pietre perché tutti sentissero come suona il calcare e come crepita il basalto.

Un’accoglienza non formale, che si chiudeva spesso con uno spuntino sotto gli alberi, nel grande tavolo di marmo del giardino. “State con me, mangiamo insieme qualcosa”, ci disse quella sera di agosto mentre portava fuori due bottiglie di vermentino ghiacciato, pane, formaggio e pere. All’imbarazzo di accomodarci a tavola senza aver portato nulla per il padrone di casa subentrò presto la gioia per essere accolti alla sua tavola insieme agli altri amici arrivati da lontano. Gli inglesi parlavano in inglese e lui rispondeva in italiano ma si capivano benissimo: il desiderio di comprendersi era al di là delle parole. Si parlò di pietre quella sera, della luna alta in cielo, di tecnologia e internet, di nuraghi e di arte. Stiamo increduli davanti a questa mensa allestita con spontaneità in pochi minuti in mezzo a opere d’arte conosciute ed esposte nei musei di tutto il mondo mentre Pinuccio distribuisce i compiti per la cena: “Tu taglia il formaggio, tu il pane, tu versa il vino. È buono vero?”.

Una serata come tante, a casa Sciola. E per questo indimenticabile.

Francesca Mulas

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