Proteste contro basi militari nell’Isola: processo a dicembre per 43 attivisti

Tutti rinviati a giudizio, salvo due degli imputati minori per i quali è stata accordata la messa alla prova. Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Cagliari ha accolto la richiesta del sostituto procuratore, Guido Pani disponendo che venga celebrato il processo nei confronti di 43 dei 45 indagati della Digos della Questura di Cagliari nell’inchiesta sui disordini durante alcune manifestazioni contro le basi militari in Sardegna.

Per cinque imputati la Direzione distrettuale anti-terrorismo ipotizza una presunta associazione eversiva a carattere anarco-insurrezionalista. Stando alla versione dell’accusa i cinque avrebbero avuto anche contatti con i gruppi No Tav. Tra le manifestazioni finite nel mirino degli investigatori ci sono quelle avvenute davanti al poligono di Capo Frasca, Salto di Quirra e Decimomannu, tra il 2014 e il 2017, ma anche episodi di imbrattamento e danneggiamento con scritte su beni delle Poste Italiane, istituti di credito, Tirrenia e della Rwm, la fabbrica di armamenti di Domusnovas finita negli ultimi anni al centro delle polemiche per le armi vendute in Medio Oriente.

I reati più gravi vengono contestati dal pm Pani ai cagliaritani Roberto Bonadeo e Valentina Maoret, 33 e 37 anni, ritenuti i promotori di “un’associazione con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico che si propone il compito gli atti di violenza”, mentre lo stesso reato – anche se non vengono ritenuti organizzatori – viene ipotizzato anche per i sardi Gianluca Berutti (40 anni), Marco Desogus (26) e Davide Serra (27). A difendere buona parte dei 45 imputati ci sono gli avvocati Carlo Monaldi, Albertina Zanda e Marcella Cabras. Il gup del Tribunale ha rinviato dunque a giudizio tutti gli imputati principali tenendo invariate le contestazioni di terrorismo, mentre alcune imputazioni minori legate a contravvenzioni sono state dichiarate prescritte. Il processo inizierà il 6 dicembre in Corte d’assise a Cagliari.

Immediata la presa di posizione di ‘A Foras’ che in una nota spiega: “A Foras non è certo sorpresa da questa decisione, che conferma la natura politica di questa indagine e del processo che comincerà il 6 dicembre – scrive l’associazione -. La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti sardi fossero mafiosi e non militanti politici, indica come il vero obiettivo del processo non sia quello di far luce sui singoli reati che gli indagati avrebbero commesso, tutti da dimostrare peraltro. L’obiettivo è quello di mettere sotto accusa e disperdere un movimento che gode di una diffusa simpatia popolare e che negli ultimi anni aveva rialzato la testa. Proprio a partire dalla grande manifestazione di Capo Frasca di cui ricorreva ieri il settimo anniversario. I 45 indagati e indagate sono stati scelti per spaventare tutti i sardi e le sarde che da decenni lottano contro le basi militari. Questo processo vuole spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi è un terrorista eversore”. E aggiunge: “Il movimento però non si farà intimorire e risponderà sul piano politico, a cominciare da quest’autunno con la ripresa delle esercitazioni e dal 6 dicembre, giorno per cui è stata fissata la prima udienza”.

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