I cittadini non la vogliono, ma la megacentrale Powercrop arriverà

“Siamo contrari alla centrale a biomasse della Powercrop, ma l’iter che ha portato all’approvazione del nuovo impianto è regolare”. L’ha detto il sindaco di  Assemini Mario Puddu (Movimento 5 Stelle) durante l’assemblea che ha visto l’amministrazione comunale, i dirigenti della Powercrop e i cittadini confrontarsi su rischi e opportunità dell’impianto che Enel Green Power e Seci Energia stanno costruendo a Macchiareddu.

 Il nuovo impianto non piace neanche alla consigliera regionale di “Sardigna Libera” Claudia Zuncheddu: “Occorre bloccare l’ennesima speculazione innescata dagli incentivi di Stato e difendere la nostra salute, specie in un territorio come questo, già definito sito d’interesse nazionale (S.i.n.) a causa degli elevati tassi d’inquinamento riscontrati nell’area”. Insomma, è polemica sull’impianto da 50 megawatt alimentato da eucaliptus e semi oleaginosi che sta sorgendo a ridosso di Assemini e Capoterra.

I dirigenti della Powercrop hanno tentato di rassicurare. Per gli ingegneri della società “gli effetti sulla salute dei cittadini sono praticamente nulli perché, sulla base degli studi d’impatto ambientale eseguiti dalla società, le emissioni si attesteranno al di sotto dei parametri imposti dalla legge”. Insomma, per la Powercrop nessun rischio.

La Zuncheddu, invece, ha seri dubbi:  ha segnalato tra l’altro il problema della pericolosità delle polveri, specie quelle con diametro inferiore a 2,5 micron. “Il particolato ultrasottile non è regolamentato – ha detto – e non è neppure oggetto di misurazioni”. Insomma, le centraline non rilevano le polveri considerate responsabili dalla comunità scientifica di patologie tumorali, asma, polmoniti, tumori del polmone, patologie cardiovascolari, ictus e malattie degenerative come la sclerosi a placche.

I punti da chiarire riguardano anche la filiera che dovrebbe rifornire le caldaie della centrale. Innanzitutto, c’è una novità: le tonnellate di eucalipto previste per alimentare la caldaia centrale sono state dimezzate, non più 220mila come previsto inizialmente, ma circa 110mila. In ogni caso, il rappresentante della società Sergio Zermiani ha affermato che “il 51% del combustibile impiegato dalla centrale proverrà dalla Sardegna già dal primo anno”. Ma, ha ammesso, al momento nell’Isola si hanno contratti solo per 200 ettari destinati alla coltivazione dell’eucalipto, quando invece ne servono almeno 1.000. Anzi, molti di più se si considera che gli eucalipti non possono essere cippati annualmente. Per compensare eventuali carenze di biomassa, i dirigenti  hanno affermato che ricorreranno alla legna proveniente dalla manutenzione forestale. Solo che fino a pochi mesi, però, fa l’Ente Foreste non ne sapeva nulla. “Non c’è mai stata nessuna interlocuzione con la Powercrop”, dichiarava pochi mesi fa a SardiniaPost il direttore generale dell’Ente Gilberto Murgia (leggi).

Per i dirigenti Powercrop saranno 200 i lavoratori della filiera, mentre gli impiegati dalla centrale, una volta conclusi i lavori, saranno poco più di 80. I semi oleoginosi saranno invece importati. In ogni caso si acquista ciò che occorre da chi fa offerte più convenienti. Insomma, la filiera agroenergetica stenta a decollare, anche perché è stata affossata ab origine dalla stessa Powercrop, che ha chiesto e ottenuto dalla Regione la possibilità di importare maggiori quote di biomassa.

Ma è proprio sul possibile sviluppo della filiera agroenergetica che arrivano altre critiche: “Perché destinare i terreni di pregio del Campidano alla produzione di combustibile?”,  domanda un cittadino intervenuto nel dibattito. Preoccupazione condivisa anche dall’assessore di Assemini Gianluca Mandas, per il quale “c’è il rischio che gli agricoltori riconvertano le proprie attività, abbandonando le coltivazioni ad uso alimentare”. 

Durante l’incontro si è anche parlato di soldi. Francesco Pacifico, amministratore delegato della Powercrop ha rassicurato: “Tra compensazioni, pari a circa due milioni di euro, e tasse, i vantaggi per il Comune ci sono”. Dureranno 15 anni, tanto quanto rimarrà in vita la centrale, come precisato dallo stesso Pacifico, che sulla dismissione ha affermato: “Abbiamo già garantito una fideiussione da 7,5 milioni di euro per lo smantellamento dell’impianto”. Ma i dubbi sull’impatto ambientale del progetto, e sulla possibilità di produrre la biomassa in loco, restano tutti.

Piero Loi

 

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