Parco geominerario, esposto contro l’Igea: “Ha speso 250 milioni, ma cosa ha fatto?

E’ nata nel 1998 per dare attuazione agli interventi di messa in sicurezza e di bonifica, ora è diventata “il principale ostacolo per la fruizione e il riutilizzo delle aree minerarie dismesse”. E’ L’Igea, la società in house della Regione che ora, invece, è diventata “il principale ostacolo per la fruizione e il riutilizzo delle aree minerarie dismesse”.

E’ la denuncia della Consulta delle associazioni per il Parco Geominerario della Sardegna che ieri hanno messo in atto una “escursione di protesta” e annunciato l’invio di un esposto alla Procura della Repubblica di Cagliari, alla Corte dei Conti e alla commissione Ue sulla concorrenza.
A far scoppiare la protesta delle associazioni, alcuni divieti che l’Igea avrebbe imposto lungo gli itinerari dei vecchi minatori del Sulcis Iglesiente riscoperti negli ultimi anni dalla Consulta e trasformati in luoghi per escursioni all’insegna dell’ambiente, della storia e dell’archeologia mineraria. I divieti sarebbero legati infatti ca “condizioni di insicurezza”. Quella che la stessa Igea avrebbe dovuto rimuovere.

La domanda è: cosa ha fatto l’Igea dalla sua nascita, cioè dal 1998? Quattordici anni “durante i quali ha impiegato ingenti risorse pubbliche, quasi 250 milionidi euro, proprio per rendere nuovamente fruibili quei terreni attraverso la messa in sicurezza e la bonifica delle stesse aree”.
A distanza di quasi 20 anni dalla fermata delle attività estrattive nella miniera di Monteponi “è legittimo sapere – sottolinea la Consulta – se in quel tratto di territorio sono ancora da eseguire gli interventi di messa in sicurezza prescritti dalla Regione sarda, oppure se gli interventi effettuati non sono stati appropriati per raggiungere la loro finalità”.

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