Monte Pino, quei tre morti dimenticati: “Una tragedia ancora senza giustizia”

Caro direttore,
il 18 novembre di ogni anno, dal 2013, accendo tre lumicini nella chiesetta di Santa Lucia, nelle campagne galluresi. Lo faccio per ricordare, pregando, quelle tre persone che viaggiavano sul fuoristrada che è precipitato davanti ai miei occhi nella voragine di Monte Pino, a Santa Lucia. Un gesto privato, intimo. Un impegno morale e d’affetto che assolvo con gratitudine per rendere il doveroso omaggio al sacrificio di quelle tre persone che hanno salvato la mia vita e quella delle decine degli altri automobilisti che sono riuscito a fermare quella terrificante sera del 18 novembre 2013, mettendo di traverso la mia auto a pochi metri dal baratro originato da un rigagnolo perennemente in secca, trasformato in travolgente e tumultuoso torrente.

Mi ero ripromesso, per rispettare la morte di Bruno Fiore (l’ex cavatore originario di Buddusò che conoscevo da tempo), della moglie Sebastiana Brundu e delle consuocera Maria Loriga, di tenere chiusa nel mio cuore quella immane tragedia. Ho sofferto, da giornalista che si è occupato di quella cronaca, quando per ben sei volte il processo a carico dei responsabili (colposi) di quel crollo annunciato è stato rinviato, e la mia solidarietà ai familiari delle vittime e alla sopravvissuta, Valentina Gelsomino, l’ho espressa rincuorando loro con la fase fatta che recita “la giustizia è lenta, ma arriva anche se con notevole ritardo”. Niente di più falso, anche perché lo spettro della prescrizione si avvicina per il processo a carico di quattro ex funzionari provinciali che deve essere ancora celebrato. Ho sempre evitato le manifestazioni pubbliche, le fiaccolate di commemorazione, le cerimonie ufficiali.

Il groppo in gola e il vivido ricordo di quella voragine infernale dalla quale, tra le intemperie e l’assordante rumore del torrente, salivano le straziante voci di aiuto mi impediscono di prendere parte a qualunque evento pubblico o privato che rinnovi in me di quella tragedia, che ritengo personale e non condivisibile. Ho sempre scritto, cercando di restare il più distaccato possibile dalla soverchiante voglia di gridare allo scandalo, della alterne vicende processuali che hanno riguardato il luttuoso passaggio del ciclone Cleopatra in Gallura e dell’altrettanto pomposo annuncio della ricostruzione della strada di Monte Pino. Ricostruzione finita anch’essa nel buco nero degli appalti di Stato affidati a imprese che assumono il ruolo di controllori e controllati del loro lavoro.

Ora che l’ennesimo scempio consumatosi alla memoria di Bruno, Sebastiana e Maria, i cui familiari hanno ereditato, al pari della sopravvissuta Valentina Gelsomino, le multe per inquinamento ambientale contestate dal nucleo navale della guardia di finanza di Olbia è diventato la notizia del giorno grazie alla ottusa burocrazia senz’anima che ha fatto, com’era intuibile, il giro d’Italia, si sta indignando l’intero paese. Massimo Gramellini, sul Corriere della sera, ha dedicato all’episodio il suo caffè mattutino, le varie star del talk show televisivo legate ai dati auditel sgomitano tra loro per avere in trasmissione i protagonisti della “scandalosa vicenda”. Una attenzione mediatica che spinge a chiedermi, questa volta pubblicamente, per quanto tempo resterà presente nella memoria collettiva questa “scandalosa vicenda”. Secondo me lo sarà sino alla nuova tragedia nazional popolare che farà cadere nell’oblio il ‘caso’ delle auto inquinanti.

Un argomento di provvisoria attualità di sicura presa sul pubblico sul quale fare audience. Ma nessuno, sinora, si era ricordato di approfondire quanto sia acuto il dolore dei superstiti o si è occupato incessantemente delle richieste avanzate dei familiari di Bruno, Sebastiana, Maria e dalla giovane sopravvissuta Valentina Gelsomino. I quali da sei anni attendono, nel disinteresse generale, il giusto processo e un altrettanto doveroso risarcimento di danni fisici e morali. Ora che il caso è diventato “nazionale” mi aspetto che le rivendicazioni di familiari e sopravvissuti a quella tragedia abbiano la stessa rilevanza, e quotidianità, che mass media e trasmissioni televisive dedicano da anni ad altri casi di malagiustizia, errori o pestaggi di Stato.

Ai familiari di Bruno, Sebastiana e Maria e alla giovane Valentina Gelsomino spettano, oltre alle doverose scuse dello Stato, i risarcimenti per la loro morte e quelli morali, fisici e psicologici inflitti loro con l’ultima umiliazione: la sanzione amministrativa per aver “inquinato l’ambiente” con le auto precipitate nella voragine. Quelle di Falcone e la sua scorta sono giustamente diventate un monito perenne nel museo della memoria. E quelle di Bruno Fiore e Valentina Gelsomino meritano altrettanta considerazione.

Giampiero Cocco

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