Il ritorno del Movimento pastori sardi

L’appuntamento è alle 10,30 nel salotto buono di Cagliari, piazza Yenne. Poi il serpentone blu scenderà verso il porto e prenderà la strada per arrivare alla sede della Giunta regionale, in viale Trento.

L’appuntamento è alle 10,30 nel salotto buono di Cagliari, piazza Yenne. Poi il serpentone blu scenderà verso il porto fino in via Roma e prenderà la strada per arrivare alla sede della Giunta regionale, in viale Trento. Almeno, questo il corteo concordato a tavolino con il Questore in una città blindatissima, dove è stato ribadito più volte il divieto assoluto di arrivare con trattori e animali. Centro chiuso al traffico fino a tarda mattinata. Imponente lo schieramento delle forze dell’ordine messo a presidio del palazzo della Regione in viale Trento a Cagliari, dove si chiuderà la manifestazione: la parte anteriore del palazzo è transennata e gli ingressi centrali sono stati chiusi. Attorno all’edificio e nel parcheggio davanti la sede della Presidenza della Giunta è vietato sostare.

A far da preludio alla nuova discesa in campo degli uomini e delle donne guidati da Felice Floris un botta e risposta continuo, a suon di note e comunicati stampa con la Regione Sardegna. Una richiesta di confronto e dialogo rigettata secondo il popolo degli ovili che si riconosce nel Movimento pastori sardi. Mentre la giunta Pigliaru ha ribadito fino all’ultimo la massima disponibilità e apertura al dialogo. Ma ormai la manifestazione era tratta: corteo e rivendicazioni ad alta voce. Con una distanza netta di posizione rispetto alle associazioni di categoria tradizionali: dalla Coldiretti alla Cia.

A sostegno dei pastori è stato anche convocato un Consiglio comunale durante la manifestazione: così ha deciso il sindaco di Laconi (Oristano) Paolo Pisu, ex consigliere regionale, che sta sfilando con la fascia tricolore. Al suo fianco la presidente dell’Aula municipale, Simona Corongiu. “Siamo qui – ha spiegato Pisu – a sostegno della lotta dei pastori. Incredibile che in una democrazia un movimento come questo sia stato lasciato fuori dalla porta. L’assessore regionale li avrebbe dovuti ricevere: rappresentano una parte consistente del mondo agropastorale”. Fra i politici presenti oggi alla protesta anche gli indipendentisti Doddore Meloni (meris) e Bustianu Cumpostu (Sardigna natzione).

Qualche anno fa si il corposo Movimento manifestava anche – ma non solo – per il prezzo a cui si vendeva il latte. Considerato troppo basso, sui 65 centesimi al litro. Ora le ragioni della protesta si sono allargate. Sono state scritte in una piattaforma e limate durante l’estate, quando nei paesi della Sardegna, dalla Baronia al Sulcis, si sono tenute le assemblee decisive. Riunioni su riunioni per testare il polso di piccoli e medi allevatori, soprattutto stremati dalle epidemie di lingua blu. E stravolti dalle inchieste della Procura di Roma e Cagliari sui vaccini, con la potenziale conferma del sospetto e delle denunce di anni fa: il vaccino avrebbe contribuito alla diffusione della malattia. Accuse gravissime da verificare. Nel frattempo è stata una strage con milioni di euro di danni e un comparto distrutto.

Sull’urgenza di andare avanti con i vaccini, ribadita dalle altre associazioni di categoria e dalla Regione, si consuma il primo strappo con il Movimento. Più attendista, che rigetta l’obbligo sanitario. Che chiede anche “la costituzione di una commissione d’inchiesta su lingua blu e peste suina”.

Le altre richieste. Il Movimento chiede di “attivare nei porti e aeroporti delle zone di quarantena con il compito di realizzare i controlli sanitari su tutto ciò che, potenzialmente pericoloso, arriva in Sardegna”. E ancora un tavolo per discutere modifiche e integrazioni del nuovo Piano di sviluppo rurale. I punti considerati fondamentali sono: le strade rurali, energia elettrica e acqua potabile in tutti gli ovili e l’utilizzo di energie rinnovabili a fine produttivo. E poi, ancora, si chiede la rimodulazione dei debiti e la lotta alla burocrazia. Sugli aiuti comunitari alle campagne si contesta proprio il principio che sta alla base che privilegia le coltivazioni (e produzioni) intensive a scapito delle piccole.

 

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