Loculi, Irgoli, Onifai. Vent’anni di omicidi nel “triangolo della morte”

Giuseppe Ruiu a Loculi era considerato un intoccabile. Ma non perché qualcuno lo temesse, semplicemente nessuno poteva volergli male. Era un uomo gene roso, disponibile, bonario. Un sessantenne benestante tutto casa – viveva assieme alle sorelle insegnanti – e lavoro. Un “bonaccione” che si sacrificava per mandare avanti una delle aziende più importanti del paese: centinaia di capi di bestiame, tra pecore, capre e mucche. Per questo, subito dopo la notizia dell’omicidio, a Loculi si è cominciato a dire: “Custa non este roba nostra“. Non è roba nostra: sono arrivati da fuori.

“Da fuori” veniva l’altra vittima, Pietrino Scano, il servo-pastore cinquantenne. Apparteneva a una famiglia povera di Galtellì, molti figli, quasi tutti emigrati per cercare fortuna altrove. Non navigava nell’oro, viveva da molti anni a Onifai, a un paio di chilometri dal suo paese.

Di certo non è stato un omicidio d’impeto, ma un’esecuzione. Ruiu e Scano intorno alle 5 del mattino sono arrivati davanti al cancello dell’azienda. Per aprirlo, Ruiu è sceso dal suo pick-up. In quell’istante è stato raggiunto da una fucilata alla testa. Scano, che era alla guida del suo “Fiorino”, ha tentato di fuggire. Ma una fucilata in faccia l’ha fulminato.

Custu este a pulire su locu” hanno commentato i paesani di Ruiu. Ossia: chi ha sparato ha voluto fare pulizia in questo posto. Ma “pulizia” per cosa e di cosa? Ruiu diversi anni fa era stato coinvolto in una storia di traffico d’armi, ma in paese nessuno crede che vi avesse mai avuto un ruolo diretto. Forse, si dice, vi era rimato invischiato per via di qualche servo-pastore “sbagliato”. Quanto a Pietro Scano, si sa che di recente due auto di sua proprietà erano state incendiate.

Due uomini che lavoravano assieme, due storie diverse. Ma chi era la vittima designata, ed era una sola? In questo caso era Ruiu: è la prima fucilata è stata per lui. Ma nel mirino dei killer potevano anche esserci, fin dall’inizio, tutti e due gli uomini assassinati. Ipotesi che aprono scenari diversi. I carabinieri indagano su entrambe. E anche su quella che il duplice omicidio sia connesso alla cosiddetta “faida di Irgoli”. Della quale, a dire il vero, si sa poco. Così poco che si è parlato di “faida” non perché sia stato individuato un unico filone logico, ma solo per la costazione di una coincidenza geografica.

Loculi, nelle cui campagne è avvenuto il duplice omicidio, con Irgoli e Onifai forma una sorta di ‘triangolo della morte’: ogni uno o due anni, e ormai da più di vent’anni, in quest’area viene commesso un omicidio o un duplice omicidio. In genere nell’ambiente agropastorale.

Ma non sempre. Il delitto più efferato della cosiddetta ‘faida’ è stato quello dei fidanzati Sara Cherchi e Mario Mulas, assassinati a Irgoli il 3 settembre del 2008. C’è un presunto colpevole, condannato all’ergastolo: un giovane di Orosei, Andrea Dessena, proprio in questi giorni alla sbarra per il processo d’appello.

Quel duplice omicidio, secondo i giudici del primo grado, maturò all’interno di una storia d’amore contrastata da ripicche varie – come furti e incendi di macchine – in cui erano coinvolte le famiglie delle vittime e l’imputato.

Esattamente un mese dopo la morte di Sara Cherchi e Mario Mulas, fu ucciso un altro giovane del paese, Pierpaolo Serra, ma non si è mai trovata alcuna connessione tra questo delitto e quello dei due fidanzati. Passarono due anni e, nel luglio del 2010, fu assassinato Angelo Masala, il custode del campo sportivo di Galtellì. Poi, otto mesi fa l’omicidio dello zio di Pierpaolo Serra, Giovanni Maria Serra, 58 anni. Anche in quel caso, nessun movente chiaro, né alcun colpevole. Come per i delitti degli anni passati: tre a pochi mesi di distanza tra la primavera e l’autunno del 2006. Uno – la vittima era un operio ultrasessantenne, Michele Floris – compiuto all’esterno d un agriturismo mentre era in corso un pranzo di nozze Una scia di
sangue che, andando a ritroso nel tempo, riporta alla metà dell’ultima decade del secolo scorso.

No, non si sa se esiste una ‘faida di Irgoli’. L’unico filo che lega di certo tutti questi delitti sono angoscia e paura. Raggiunto al telefono, il sindaco di Loculi Vincenzo Secci dice solo: “Non sono nelle condizioni di dire niente, cercate di capire”. Giuseppe Ruiu era suo zio. Ed era, “alla sarda”, anche zio di Gianfranco Zola, la cui moglie, Francesca Secci, è sorella del sindaco.

Loculi ha 500 abitanti divisi in una cinquantina di famiglie. Quasi tutti sono parenti tra loro. L’ex sindaco, Michele Ruiu, è cognato di quello in carica. “Conoscevo benissimo Giuseppe Ruiu – dice – era una persona tranquilla dedita totalmente al lavoro. Lo si vedeva con la sacca sulla spalla risalire i monti del suo terreno per dare da mangiare agli animali. Non aveva nessun problema economico, era solo, senza figli, ogni volta che usciva invitava tutti e spendeva quello che aveva in tasca. Mi unisco al dolore della famiglia di Giuseppe, di quella di Pietro Scano e della comunità di Loculi che ha subito una violenza di così grandi proporzioni, con la speranza di avere presto giustizia perché si torni a essere un paese in cui la fiducia l’uno dell’altro è alla base delle relazioni sociali”.

Parole analoghe quelle del sindaco di Galtellì, il paese dell’altra vittima: “Sono senza parole per ciò che è accaduto – dice Renzo Soro -. Pietro era una persona tranquilla, non posso dire altro di lui. Non mi spiego questo duplice omicidio. I nostri paesi vivono sulla fascia costiera dove ci sono molte attività produttive: turismo, settore lapideo, non si muore di fame. Irgoli che è un paese che vive di agricoltura e pastorizia è stato un precursore in fatto di trasformazione dei prodotti e commercio: c’è il salumificio Murru, il mangimificio, tante grosse aziende agricole. Purtroppo ogni uno o due anni esplodono questi fatti di inaudita violenza. I codici della campagna non sono facili da sconfiggere”. E da comprendere.

Maria Giovanna Fossati

 

 

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