LO SPOT. “Ama chi vuoi”: il fotografo che vuole il matrimonio per tutti

Da alcuni giorni in alcune piazze di Cagliari sono comparsi due grandi manifesti con l’allegra immagine di due matrimoni: una coppia formata da un uomo e una donna che si guardano sorridenti negli occhi, e l’altra coppia formata da due uomini sempre sorridenti che giocano tra loro come due innamorati. Nella parte alta della foto campeggia un messaggio, un esplicito invito: “Ama chi vuoi”. Ed è questo il titolo che l’autore, Fabio Marras, fotoreporter cagliaritano, ha voluto dare alla propria campagna pubblicitaria. Trentatré anni, sposato e con due figli, vive a San Sperate da alcuni anni, ma la sua dimora professionale è ovunque. Grazie al suo lavoro si sposta spesso in Sardegna, in Italia e in tanti altri paesi d’Europa.

Come nasce la tua campagna pubblicitaria “Ama chi vuoi”?

Provenendo dal mondo del fotoreportage giornalistico mi sono sempre interessato a tutto ciò che mi accade intorno. L’anima giornalistica che è dentro di me continua a muovere la mia fotografia. Così lo scorso anno ho iniziato ad interessarmi a questa realtà del matrimonio gay, nonostante da noi non esista, ma che in altri Paesi è una cosa normalissima. E proprio in Francia ho conosciuto una coppia di gay che hanno voluto fare il servizio pre-matrimoniale e che alla fine ho poi riportato nel cartellone pubblicitario “Ama chi vuoi”.

 

Quindi la coppia di uomini è francese?

Sì, sono di Lione, felici di aver collaborato a questa mia iniziativa.

È stata un’esperienza importante per te?

Sì, direi un’esperienza educativa che mi ha aiutato molto, e mi ha fatto pensare. Loro erano esattamente una coppia affiatata e innamorata come quelli che ritraggo sempre. Da quel momento ho pensato che potevo fare qualcosa di importante, non solo per me ma per la società tutta.

In che modo?

Ho pensato che potevo finalizzare il mio lavoro, oltre che verso un obiettivo commerciale anche verso un fine nobile in cui credo, che è la promozione del matrimonio egualitario. Ho la possibilità di comunicare con le persone, credo che questo sia una cosa giusta, perciò volevo provare a fare qualcosa di diverso, e anche un po’ provocatoria.

Quindi c’è anche un po’ di provocazione…

Sì, il mio vuole essere anche un tentativo di smuovere le coscienze di chi teme il matrimonio gay. Le cose non cambieranno di certo grazie a me, però se ognuno di noi si espone magari le cose cambiano e cambiano più in fretta.

Hai ricevuto più critiche o più consensi?

Solo consensi. Se faccio eccezione per due messaggi sciocchi e stupidi, tutto il resto sono stati messaggi positivi e in particolare dei ringraziamenti che mi hanno comosso, e che non mi aspettavo. Chi mi ha ringraziato perché mi sono schierato dalla loro parte, chi come genitori che hanno figli e figlie gay, mi hanno detto che hanno bisogno anche di questo tipo di supporto, altri ancora mi hanno detto: “Spero di potermi sposare quanto prima!”.

Ognuno deve fare la propria parte, questa è la tua idea?

Sì, credo fermamente che a prescindere dal tornaconto personale per una società migliore, noi tutti dobbiamo fare qualcosa per far sì che chiunque abbia il diritto di autodeterminarsi, e quindi di amarsi. Se nella società esiste una diseguaglianza, o una parte della società è discriminata, è ovvio che riguarda anche me. Un giorno quando mi venisse negato un diritto anche io potrei avere bisogno del supporto dell’altro.

Quando hai iniziato la professione di fotoreporter?

All’età di 19 anni, ho iniziato col fare l’assistente fotografo. Poi qualche anno dopo, intorno al 2006, ho iniziato con l’assillare il fotografo ufficiale dell’Unione Sarda, Max Solinas, proponendogli i reportage che facevo per mio conto in giro per la Sardegna. Teniamo conto che allora i reportage non erano diffusi come oggi. La fotografia di sagre, manifestazioni, eventi vari non esisteva anche perché non esisteva I’Phone, e Facebook è entrato a far parte della vita di ognuno di noi solo l’anno successivo. A un certo punto Max, forse anche stanco della mia insistenza, ha ceduto! E così ho iniziato a lavorare come fotoreporter proprio per l’Unione Sarda, nel 2007.

E quando hai pensato di metterti in proprio?

Dato che per arrotondare mi occupavo anche di servizi fotografici per matrimoni, circa cinque anni fa, ho iniziato a pensare che potevo applicare il modello lavorativo giornalistico al matrimonio, quello che oggi viene chiamato “real wedding”.

Cos’è esattamente il “real wedding”?

Si tratta appunto di un reportage ma che fa un racconto spontaneo della giornata del matrimonio attraverso la documentazione di momenti ed emozioni colti in modo discreto durante la cerimonia. Si tratta di realizzare immagini fotografiche che offrano le sensazioni del momento in modo naturale senza alcuna posa, ciò che avviene “realmente”.

Le richieste che hai sono tante?

Fortunatamente non mi posso lamentare. Lavoro durante tutto il corso dell’anno, grazie anche a quei clienti stranieri che scelgono di sposarsi in Sardegna, anche nei mesi invernali, oppure in giorni infrasettimanali. Gli stranieri che scelgono la Sardegna come “location” rappresentano un ulteriore risorsa, è quello che nel gergo viene chiamato “destination wedding”.

Che cos’è il “destination wedding”?

È la moda contemporanea di sposarsi all’estero, in un luogo da sogno, diverso da quello di origine e lontano da tutto e da tutti. E la Sardegna rappresenta uno di questi luoghi da sogno dove potersi sposare. Questi clienti stranieri da dove provengono e cosa chiedono? Sono perlopiù tedeschi, svizzeri, austriaci, inglesi e vengono e prediligono il mare, la spiaggia esattamente. Ma ci sono alcuni che non disdegnano l’entroterra.

Dato il tuo portfolio pensi che la tua promozione “Ama chi vuoi” possa lederti o invece aiutarti a crescere nel lavoro?

È stato il mio dubbio iniziale. Capivo che era un rischio. Dai messaggi che ho ricevuto ho capito che può solo portare bene. Se poi non si traduce in termini economici, pazienza. Tra l’altro chi non mi cercherà come professionista per questo motivo con tutta probabilità si sarebbe rivelato un cliente con il quale non avrei avuto comunque una buona empatia. E nel mio lavoro l’empatia è fondamentale. Insomma si tratta di una selezione a monte.

Pensi che per il futuro le cose possano cambiare e i matrimoni saranno legali anche qui?

Non credo, o meglio, temo che i matrimoni non li avremo ma avremo giusto la normalizzazione delle unioni civili.

Ornella Demuru

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