Lievito rosa contro muffe cancerogene: Università di Sassari avanti nella ricerca

Ha lo stesso profumo delle rose, è un lievito microscopico e ci può proteggere dalle muffe cancerogene: grazie all’analisi del proteoma (cioè l’insieme di tutte le proteine) ora si inizia a capire come agisce. Su questa tematica è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica ‘International journal of food microbiology’ uno studio condotto dal dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. L’articolo è firmato da Bruno Tilocca, dottorando di ricerca nel team coordinato dal professor Quirico Migheli, da lunga data attivo nella ricerca sulla lotta biologica contro le muffe che contaminano gli alimenti producendo micotossine cancerogene. Nell’articolo vengono presentati i risultati di un’innovativa indagine analitica, che ha preso in considerazione il rapporto tra il fungo Aspergillus carbonarius, produttore di ocratossina A – che contamina cereali, uva, vino, caffè, cacao, e altri alimenti – e un ceppo di lievito, capace di inibire lo sviluppo della muffa e la produzione della tossina. L’azione inibente del lievito sembra essere legata alla produzione di sostanze volatili, in grado di bloccare non solo la crescita della muffa, ma anche la produzione di ocratossina A. Dopo circa un anno di lavoro, i risultati sono apparsi promettenti: il lievito produce una miscela di sostanze volatili che esplicano la loro attività agendo su diversi tipi di bersagli metabolici di Aspergillus, garantendo un’efficace inibizione della muffa già a bassissime dosi ed in tempi relativamente rapidi. “La ricerca rappresenta un importante risultato nell’ambito della lotta biologica contro i funghi produttori di micotossine, poiché prevede l’impiego di microorganismi presenti in natura, privi di effetti indesiderati per l’uomo e per l’ambiente, e molto efficaci per il contenimento di parassiti associati a forti perdite economiche nel settore agricolo, dovute sia ad una ridotta resa del raccolto, che all’impossibilità di commercializzazione delle derrate contaminate, come previsto dal regolamento comunitario a tutela della salute umana ed animale”, spiega Migheli.

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